Desiderata

mercoledì, novembre 24, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 03:55
 
Ve plàcidamente entre el ruido y la prisa,
Recuerda que la paz puede estar en el silencio.
Sin renunciar a ti mismo, esfuèrzate por ser amigo de todos.
Di tu verdad,quiètamente,clàramente.
Escucha a los otros aunque sean torpes e ignorantes;
Cada uno de ellos tiene tambièn una vida que contar.
Evita a los ruidosos y agresivos,porque ellos denigran el espìritu.
Si te comparas con los otros puedes convertirte en un hombre vano y amargado;
Siempre habrà cerca de ti alguien mejor o peor que tù.
Alegrate tanto de tus realizaciones como de tus proyectos.
Ama tu trabajo aunque sea humilde;es el tesoro de tu vida.
Se prudente en tus negocios,porque en el mundo abundan las gentes sin escrùpulos.
Pero que esta convicciòn no te impida reconocer la virtud;
Hay muchas personas que luchan por hermosos ideales y dondequiera que mires la vida està llena de heroìsmo.
Se tu mismo.
Sobre todo no pretendas disimular tus inclinaciones.
No seas cìnico en el amor,porque cuando aparece la aridez y el desencanto en el rostro,
Se convierte en algo tan perenne como la hierba.
Acepta con serenidad el consejo de los años y
Renuncia sin reservas a los dones de la juventud.
Fortalece tu espìritu,para que no te destruyan inesperadas desgracias.
Pero no te crees falsos infortunios;
Muchas veces,el miedo es producto de la fatiga y la soledad.
Sin olvidar una justa disciplina,se benigno contigo mismo.
No eres màs que una criatura en el Universo,no menos que los àrboles y las etrellas;
Tienes derecho a estar aquì.
Y,si no tienes ninguna duda,el Mundo se desplegarà ante ti.
Vive en paz con Dios,no importa còmo lo imagines;
Sin olvidar tus trabajos y aspiraciones,
Mantente en paz con tu alma,pese a la ruidosa confusiòn de la vida.
Pese a sus falsedades,penosas luchas y sueños arruinados,la Tierra sigue siendo hermosa.
Se cuidadoso.
Lucha por ser feliz. 
  
Max Ehrman
 

Lei dentro me

sabato, novembre 20, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:58

E il naufragar m'è dolce in questo mare
Giacomo Leopardi

Quanto è diventata grande lei con il suo sguardo maturo e cambiato. 
Si notano su di lei i segni della vita, mantiene occhi profondi 
e la sua capacità di giocare con il vento.
E quanto le piace giocare con il vento,
fin da bambina ci si perdeva in esso 
e adesso sapeva creare forme nuove
in aria  sempre più complesse.

Forse ora è più saggia, forse conosce solamente meglio il mondo,
però si lascia sempre sorprendere 
e affascinare da ciò che le rallegra l’animo. 
Nel suo agire sembra quasi insicura a primo impatto,tentennante: 
ma vuole solo conoscere e sapere e poi si lascia 
andare scivolando velocemente 
come un serpente alla ricerca della propria preda. 

E’ incontentabile, si perde, è pazza, è gioiosa, è vivace! 
Non le piace starsene tranquilla, si annoia. 
Quando vuole giocare ti prende per mano 
e non puoi far altro che assecondarla.
Come ti piace vederla sorridere, 
è il colore di un bel mondo in bianco e nero.

Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento...- Paul Klee


Su questa bianca nave

sabato, novembre 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:28
Le onde solitarie trasportano ombre
di un passato sconosciuto,
c'è ancora tempo per vincere le battaglie,
raccogli la tua fiducia.

Guarda oltre quella frase senza senso,
e vai, vai avanti,
non cedere alla pazzia
di chi si getta nelle tranquille tempeste.

Salva la tua anima, è quello che vuoi
e cerca il suo profondo essere.
Non farà morire il tuo piccolo spirito,
vieni, ora, su questa bianca nave.

Passeggiare

sabato, ottobre 16, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 19:37

La piccola goccia di rugiada scivolava dolcemente sulla delicata superficie di una foglia. Cadde verso il basso posandosi sulla sconfinata distesa della stesso colore della speranza. Le oscure nubi finalmente erano state spazzate via dal liberatorio soffiare del vento. Ora il sole dominava quel luogo incantevole, attento contemplatore del paesaggio che si mostrava come un giocoso bambino davanti alle dolce carezze dei suoi raggi.

Tempo e spazio sembravano non far parte di quel mondo.

Due curiose figure si erano ritrovate soavemente distese sul soffice letto verde. Le affusolate nuvole bianche che si distendevano nell’infinità di quel cielo terso, limpido e sincero, galleggiavano assumendo la forma delle più strane immagini.

La fantasia riempiva l’aria.

Sorrisi spensierati accompagnavano la divina sinfonia che rieccheggiava all’unisono con il soave piegarsi dell’erba al vento. I fiori in festa indossavano i loro vestiti più belli, dipingendo di colori sgargianti quel quadro straordinario. D’un Tratto denti di leone spargevano i loro semi che libravano nell’aria.

Irreale Pace.

Correvano in quella semplicità.

Un piccolo torrente azzurro come il cielo si divertiva a far risplendere l’intensa luminosità del sole. Tra quei giochi di luce lo scorrere delle sue acque produceva un languido suono, altro strumento di quell’incredibile orchestra.

Le due figure si sentivano sorprendentemente vicine. Una mano stringeva a sé l’altra. Completo abbandono.

πάντα ῥεῖ. Panta Rei.

Il tempo proseguiva inesorabilmente muto, in silenzio. Il sole andava a riposarsi bruciando il cielo di un rosso rovente. La luna, seguita dalle peregrine stelle, sussurrava una candida buona notte.

Il temporale era finito. Era una bella giornata.

Pezzi di città n3

martedì, ottobre 12, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 19:06

La gente guarda davanti a sé seguendo una immaginaria linea retta, mentre si impegnano a sommare parole messe a caso per colmare il cammino. Ciò che è intorno non esiste.
Intanto la pagina di uno spartito si volta e da il via.
In mezzo alla centrifuga di oggetti fuggenti, vecchie melodie di melanconici ritmi blues colmavano l'intorno.
Nulla sembrava fermo, tutti vorticavano nel proprio microcosmo.
Il vecchio sassofono, inondava di emozioni il tutto e le regalava a chi voleva, donava.
Un cappello a terra e l'uomo raccontava di sé soffiando nel suo amico di esperienze passate.
Non chiedeva nulla che qualche spicciolo da mettere nell'anonima camicia colorata a quadrettini, accostata da corti jeans blu.
Solo chi era distratto mostrava gli occhi.
Suonava e le persone passavano.
Emozionava e le persone passavano.

Pezzi di città n2

Pubblicato da Dan Angelo alle 18:58

Ci sono quelle figure colme di caramelle.
Come un bambino goloso le cominci a mangiare una ad una: son buone, buonissime fino a quelle che ti addolciscono per bene. Il dottore ti punta il dito con sguardo serio e razionale, ricordandoti sempre che le carie fanno male.
Ma quasi involontariamente continui a mangiare.
Ormai quasi tutte le caramelle ti son piaciute che guardi con dolcezza quella figura che le teneva tutte strette a sé, il peccato è stato farle assaggiare anche a te.

Pezzi di città n1

Pubblicato da Dan Angelo alle 18:52

Gregge di pecorelle giocavano a nascondino con il sole.
L'erba di Ottobre verdeggiava sul piatto sfondo dell'asfalto.
Tra il sottofondo di passanti ingranaggi irrompeva senza violenza l'innocente canticchiare di una tenera bimba che allargava le braccia come per decollare. Decollare lì con gli uccelli tra le vie senza traffico delle loro strade.
Delicato era il posarsi del tiepido e confortevole calore con l'inverno che freme.
Scuri capelli legati spiccavano nel riflesso di parole nate dallo scendere dell'inchiostro su piccole case di carta.
Sguardi in basso, poi in alto, poi intorno, poi di nuovo in basso: pupille attente alla ricerca di chissà che cosa.
Gambe incrociate per un tavolo di fortuna, basso quanto basta per inarcare la fragile schiena.
La curiosità è invadente: non tollera l'ingombrante non sapere niente. I neuroni sollecitati si facevano domande nell'inerzia, ma alla fine presero la porta più vicina.
Ecco la stanza dell'immaginazione che aveva una grande finestra dove appoggiare il gomito e guardare.

Scosse

lunedì, ottobre 11, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 19:20

Giudizi universali.
Valanga di parole date al vento e dal vento ritornano come lontani echi di montagna. Neve che si scioglie al contatto con le mani: acqua dura che scorre via a piccole gocce.
Sensazioni ad occhi chiusi che rendono colore ad un nero poco sfumato.
Perdita di controllo del mondo circostante, pelle a pelle, confusione a confusione.
Istanti di eternità.
Su e giù di onde che scivolano con incertezza e timore in terre da scoprire.
Tremore.

A malincuore la marea si alzò.

E' ora

martedì, ottobre 05, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 03:32

SBAM.
La porta si chiuse con violenza.

Ero scombussolato, confuso e per non so qual motivo ero seduto su una sedia. La testa mi doleva, la mia mente era chiusa in un labirinto di una prigione instabile: in pochi secondi scorrevano infinità di immagini così velocemente che era impossibile riconoscerle. Cominciai a scuotermi seduto in quella sedia finché non caddi sdraiato su un fianco. Il mio respiro era affaticato e aprivo bene la bocca per recuperare tutto l’ossigeno che in quel momento mi era mancato, mentre il mio cuore batteva la testa su e giù per la gola. Piano piano ritrovai i sensi, avevo le mani legate e da terra cominciai a guardarmi attorno: totalmente bianco, una luce doveva provenire da una grande finestra. Quel pavimento, quelle pareti sembravano così dannatamente bianche che sembravano non avere profondità.

-Sto impazzendo- dissi tra me e me.
-Non stai impazzendo- In quel momento sentii una voce femminile e feci uno scatto appoggiandomi con la schiena sulla parete più vicina.

Mi girai verso l’angolo sulla mia destra guardando dal basso e vidi i suoi piedi. Era scalza, i suoi piccoli piedi erano lasciati lì a terra, mentre sembravano nascondersi come se si vergognassero. In quel momento il mio corpo come preso da vita propria era diventato indipendente. I muscoli erano tesi, le vene si gonfiavano, il sudore freddo scorreva dalle tempie fino a cadere a terra dal mento e il cuore pulsava su qualunque parte del corpo. Non capivo niente, la mia lucidità si stava facendo a pezzi. Mi feci coraggio e mi morsi il labbro, così forte che cominciai ad assaggiare il mio stesso sangue.

Piano e senza fretta osai alzare poco a poco lo sguardo. Lei era seduta su una sedia a ginocchia unite, aveva una posizione statica e vidi l’orlo del suo vestito di blu spento, quasi grigio direi. Sopra le gambe vidi le sue mani, anche quelle fermissime ed erano poste una sopra l’altra che tenevano strette delle chiavi: dedotti che erano per le mie manette.
Volevo dirle qualcosa in quel momento, ma ero come paralizzato. I suoni non facevano parte di quel mondo. Così, come destinato alla fine, presi un respiro profondo e alzai ancora un poco lo sguardo fino a riuscire a vedere il suo corpo esile e leggero. Vedevo che sulle sue spalle cadevano lunghi capelli scuri, quindi il suo collo e poi la sua bocca.

L’espressione della sua bocca era indescrivibile.
Sorrideva, ma non sorrideva. Ti raggelava il sangue, ti pietrificava completamente. Era un sorriso dolce, ma crudele e spietato. La sola vista ti feriva del tutto. Le mie stesse viscera si stavano annodando in un passivo rifiuto di quella presenza.

Tutto ciò era talmente paradossale che non potevo più credere a tutta quell’assurdità, quando sentii nella mia testa la sua voce dirmi -E’ ora.-
Il suo sorriso accentuò l’espressività, la sua sfida e la sua crudele dolcezza.
Io deglutii.
La guardai negli occhi.

Girare la maniglia

sabato, ottobre 02, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 01:52

Eccola, entrava. Quasi a punta di piedi, il suo passo era silenzioso e cauto. Era stranamente buio in quella stanza e l’aria era acuta e gelata, sapeva d’autunno. Lei, si notava subito, aveva modi gentili poiché si notava da come si era piano piano insinuata senza rumore in mezzo alla camera e aveva posato delicatamente i suoi pennelli. Cominciò a guardarsi attorno, non vedeva granché, intravedeva un letto disfatto con le lenzuola a terra, particolari mobili impolverati in legno e strani quadri sulle pareti che rappresentavano strane storie, tutto ciò illuminato dalla tenue finestra che permetteva a uno spiraglio di luce di dare un tenue alone di blu. Con lo stesso dolce muoversi, senza essere invadete, la ragazza si avvicinò la finestra e con un piccolo cigolio volle riconsegnare tutto ciò al sole.
Fu luce.
Si voltò e le comparve una strana camera, con il sopracciglio alzato cominciò a curiosare in giro un po’ perplessa dallo strato di polvere e un po’ incuriosita dagli strani oggetti. Cominciò a soffiare. Ogni cosa prendesse in mano, dalle migliaia di pagine strappate sparse qua e là che riprendevano biancore, a quelle due scrivanie e mobiletti, lei ci soffiava sopra così venivano liberate dalle lenzuola di polvere che cominciarono a fluttuare. Lei ogni volta starnutiva, si stropicciava il naso e cominciava a ripulire tutto. Ogni quadro, ogni lettere, ogni strano ornamento di quella stanza lei puliva, starnutiva e cominciava a osservarla stranita, affascinata come da un oggetto di studio. Scorreva il dito sullo strato di polvere e se lo guardava strusciando il dito e il pollice per ridare quel tempo al vento.
La stanza era bianca.
Ma finalmente pulita. Si era riseduta in mezzo, anzi stavolta ci si era proprio sdraiata e chiuse gli occhi, cominciò ad ascoltare la stanza. Avvertiva che era particolare, non era proprio qualcosa di comune. Sistemò in ordine anche il letto e ci si sedette sopra. Era morbido, anche se il cuscino sembrava freddo quasi bagnato. Poi incrociò lo sguardo con i suoi pennelli a terra: quella stanza era ormai un po’ sua.
Cominciò a colorare.

Dissolventi Dolcezze

venerdì, settembre 24, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 02:46

Tocco il pensiero con un dito, si muove
come la superficie di una pozzanghera
al contatto di una goccia d'acqua candida.

C'è un sorriso che si confonde con il mio.
Il controllo inutile di questo strano giro
fatto di strade impetuose e nuove.

Visioni di sguardi lontani cercati
e labbra morse davanti ai reati.
In neri corridoi chiusi i pensieri
liberati dai sorrisi troppo sinceri.

Sono strane sensazioni della mente,
creano calori e vapori d'incertezza
rendendo il vano equilibrio incostante
su pezzi di vetro attoniti nella mutezza.

Qualcosa che non resta

lunedì, settembre 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 23:56
"Io sono la periferia di una città inesistente, la chiosa prolissa di un libro non scritto. Non sono nessuno, nessuno. Non so sentire, non so pensare, non so volere. Sono una figura di un romanzo ancora da scrivere, che passa aerea e sfaldata senza aver avuto una realtà, fra i sogni di chi non ha saputo completarmi."

"Del resto in che cosa posso contare su di me? Un terribile acume delle sensazioni, e la profonda consapevolezza di stare sentendo... Un'intelligenza acuta per distruggermi, e un potere di sogno desideroso di distrarmi... Una volontà morta e una riflessione che la culla come un figlio vivo..."

Cigli di strade

Pubblicato da Dan Angelo alle 18:58

Non è mai chiaro, cammina vestito di una nuvola informe che agguanta persone, oggetti e parole. Si crede stupido, ma non lo pensa anche se rimane distratto per almeno un secondo in più, così perché gli fa piacere. Guarda un po' a terra quando non c'è nient'altro che serva li attorno in quel momento. Nel suo tragitto lancia pezzi della sua testa sulla strada, poi ci ripensa e torna indietro a riaccoglierli. O magari no, così di tanto in tanto vede strani pezzi di testa ammuffiti sul ciglio della strada. Il caldo è sole, lui un po impacciato a tirare fuori dalla bocca mondi entrati nella sua mente molesta. Contorni di quadri, contorni di libri, contorni di marciapiedi che insieme non combaciano. Guarda giù da una ringhiera, tutto è tranquillo, ma è troppo alto. Mani in tasca, magari a elemosinare teneri sorrisi e intanto tornare a sporcare le strade.

Chiedo Troppo?

domenica, settembre 12, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 13:47
Prendere un secondo e sapere quante persone nascono, quante persone vivono e quante persone muoiono. Davanti al paradosso che è la vita, gli esseri umani si mostrano semplici ed elementari.  Così inconsci della nascita, così attaccati alla vita, così impauriti dalla morte. Anche quel giorno riecheggiavano i pianti di piccole creature che venivano al mondo, un altro essere umano aveva compiuto il primo passo verso la vita. Così in quello scenario che è il mondo, nuove vite, nuove memorie tracciavano il proprio passaggio e i percorsi si scontrano, si dividono, più lentamente, più velocemente, parallelamente, in senso contrario. Eric tracciava la sua. Dentro quella città dominava il caos e il traffico. Persone che andavano e venivano. Lì il movimento non si placava mai, un’eterna corsa. Sembrava l’incessante inseguimento di qualcosa, come un cane che gira attorno a se stesso tentando di prendere le propria coda. Lui stava seduto su una panchina, intento a guardare con aria indifferente, il contorto scenario Picassiano che si intricava davanti ai suoi occhi. Lui ,espressione perplessa e alienata, non faceva parte di quel quadro. Passò il suo sguardo da terra verso il grigio cielo della città. Poi lo riabbassò, aggrottò la fronte e suoi occhi scuri come la notte diventarono malinconici e consapevoli. – E’ davvero questo il mio mondo?- si chiese sospirando come davanti alla scoperta di una realtà che non voleva accettare. Tra i veloci piedi dei passanti, le luci dei semafori che ritmicamente alternavano i loro colori e le mani nervose degli automobilisti sul volante, Eric aveva gettato la sigaretta che nel frattempo il vento aveva consumato lentamente. Appoggiata la schiena sulla panchina, mise le mani in tasca e rimase lì tra i suoi pensieri che si concludevano quasi sempre con un punto interrogativo. Quella società lo avvinghiava, lo soffocava. Egli voleva spezzare quelle corde che lo imbrigliavano e fuggire da tutto ciò ed essere come quella farfalla che librando nell’aria nel suo candido volo spezzato poteva guardare dall’alto il paesaggio. Proprio cosi, voleva andare in alto, e cosi come una farfalla vedere il panorama del mondo, ammirarlo liberamente. Così Eric partì, non aveva un itinerario preciso, voleva solamente esplorare luoghi, conoscere persone, guardare la vita e comprenderla un po’ di più; da questa esperienza capire meglio se stesso e ciò che voleva realmente. Il ragazzo aveva eliminato inizialmente le grandi città o posti che avrebbero potuto ricordare la società alla quale si sentiva poco legato, per cercare fortuna in un’isola indonesiana nel pacifico. L’esperienza vissuta lì lo segnò. Una piccola goccia di rugiada scivolava dolcemente sulla delicata superficie di una foglia. Cadde verso il basso posandosi sulla sconfinata distesa della stesso colore della speranza. Le oscure nubi della stagione delle piogge finalmente erano state spazzate via dal liberatorio soffiare del vento. Ora il sole dominava quel luogo incantevole, attento contemplatore del paesaggio che si mostrava come un giocoso bambino davanti alle dolce carezze dei suoi raggi. In quel luogo incontaminato Eric aveva assistito alla semplice vita degli allegri abitanti, i quali davanti alla fame e alla povertà sembravano andare avanti imperterriti come incantati dalle piccole cose che la vita poteva loro offrire. Ma ciò che più colpì Eric fu la presenza dei bambini: il loro correre verso dei sogni, le loro voci spensierate che si perdevano tra il cantare degli uccelli. Sogni, sogni.. ma sapevano cosa erano i sogni? Eric aveva visto quei piccoli bambini che sorridevano, ma sapeva che non sorridevano per un giocattolo nuovo, o per un regalo portato da un papà. Sorridevano alla Vita. In quei luoghi non c’erano macchine, vestiti o personaggi famosi, ma solamente uomini vestiti di toppe e buchi che cercavano di scampare al fantasma della fame. Là i sogni potevano esistere? Eric aveva visto. Aveva visto piccole mani sporche dover portare pesanti secchi di acqua ,perché l'acqua a casa non c'era. Aveva visto piccole mani sporche prendere una matita colorata e stringerla come il tesoro più grande. Aveva visto piccole mani portare gli animali. Aveva visto piccole mani sporche tenere con curiosità un libro. Aveva visto piccole mani sporche cucinare, pulire, lavorare. Aveva visto piccole mani sporche sudare come quelle dei grandi. Aveva visto piccole mani sporche tenere le sue. Ma soprattutto, aveva visto grandi occhi che gli chiedevano com'era il mondo. Ma come poteva spiegare com'era il mondo? Il suo era poteva essere chiamato davvero così? Il mondo dove tutto è scontato. Il mondo delle mille possibilità. Il mondo dove una matita è solo una matita. Il mondo che guarda dall'alto in basso chi porta le toppe. Il mondo che tra le sue luci si ritiene superiore, avanzato. Che razza di mondo è? Anche lì Eric aveva visto, aveva guardato. Aveva visto mani pulite sprecare acqua. Aveva visto mani pulite gettare annoiate una matita. Aveva visto mani pulite inquinare. Aveva visto mani pulite rubare. Aveva visto mani pulite uccidere. Aveva visto mani pulite superbe. Aveva visto occhi spenti e tristi. Avevano tutto, ma sprecavano tutto. Avevano tutto, ma in realtà non avevano niente. Ecco perché il giovane decise di partire quel giorno e avere, poi, la certezza che il suo mondo non gli appartenesse. Inoltre comprese una cosa molto importante: gli esseri umani potevano apparire così uguali alla nascita, ma così diversi potevano mostrarsi alla vita. Un giorno Eric vide due bambini, all’apparenza fratelli che si tenevano per mano. Lui sorrise e sfiorando i loro sguardi gioiosi per un attimo sognò ad occhi aperti e vide il luogo in cui si sentiva destinato: la povertà che aveva visto non esisteva e lì, teneva strette altre mani che non erano pulite o sporche. Erano nelle loro sfumature tutte uguali. Da quel momento Eric riprese il suo viaggio, doveva vedere di più. Nel tempo che trascorse viaggiando scoprì situazioni non molto differenti, se non peggiori, dall’isola indonesiana. E con queste scoprì anche qualcosa a cui Eric voleva riflettere seriamente: c'è tanta ingiustizia.  La trovò negli occhi di un vecchio malato, di un bambino che piangeva, in quelli di un operaio sfruttato e negli occhi di una madre malinconica. Ingiustizia. L'ingiustizia che avvolge il mondo dalla quale secondo lui è facile coprirsi gli occhi e vivere o ancora peggio aprire gli occhi e rimanere indifferenti. Povertà, guerre, calamità e distruzione Eric li aveva visti da vicino, ma gli bastava accendere il televisore per poter vedere l’oscenità di questo mondo. Ma il più grande stupore per il ragazzo fu comprendere che a chi non toccava queste sorti, la vita per loro scorreva serenamente e tutto ciò finché non avvertivano il dolore attorno, non vivevano guerre, non vedevano la paura e la rassegnazione. Eppure si chiedeva se non sapessero che la Terra è il pianeta nella quale la vita ha preso luogo e l’uomo vive e, quindi, dove tutti gli uomini sono abitanti di essa. C’è chi come tanti ha una casa, un lavoro, un famiglia, magari anche dei bambini, tuttavia molti altri, che abitano questo bel pianeta blu, una casa, un lavoro o perlomeno cibo e acqua non la posseggono. Eric allora si guardò le mani. “Perché? Il loro sorriso e' il mio. Il loro cuore è come il mio. Le loro lacrime sono come le mie. Ma la loro vita non è come la mia. Perché?  Io mangio. Io bevo. Io vivo. Loro non mangiano. Loro non bevono. Loro non Vivono. E’ così folle e sciocco voler cambiare le cose e desiderare quell'uguaglianza che dovrebbe essere presente nel mondo? Quando il dolore è vicino e lo si avverte, si sa agire e si vuole curare. Ma è difficile comprendere che il dolore di un bambino, di una madre, di un anziano, di un adulto è presente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto? C’è chi beatamente dorme, sogna, desidera. Ma con che coraggio dorme sapendo che ce un bambino del terzo mondo bisogna spiegare che cosa sia un sogno?” Eric si sentì profondamente cambiato, strinse la mano in un pugno. “Voglio cambiare il mondo. Voglio quell'uguaglianza, quella giustizia e quei diritti che devono godere tutti gli uomini. Voglio un mondo dove lui non è diverso da me, anche perché spesso si dimentica che si nasce uguali comunque. Voglio un mondo dove guardare in alto e poter dire con certezza che viviamo tutti sotto lo stesso cielo. Chiedo troppo?”

Testa di mal

mercoledì, settembre 08, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 23:45




Piogge plumbee penetranti
di tuoni lucenti e lampi assordanti.
Gocce che scendono come sassi
colpendo persone dai veloci passi.

Cascate cadenti dai vetri
di una fredda finestra
lavano silenzi tetri
nella piccola stanza sinistra.

Si risveglia il letto
mal di testa prende il martello
picchia il petto
picchia come Otello.

Idee spariscono
Illusioni anneriscono.

Il pallido giorno isterico
di un utopista logorroico.

Bolle di sapone II

Pubblicato da Dan Angelo alle 00:11


Sorrisi così spontanei
da aver paura nell'ammettere il gesto.
Visione opaca e appannata
di un chiaro imprevisto
in una strana linea intrecciata.

Tra polvere che si accumula negli angoli bui
Stupore di un vento ignoto
dubbio e incertezza in moto.

Profondità di parole che riflettono il cielo
il pensiero sussurra cautamente
tremolanti immagini in volo
rubate alle notti senza gente.

Sensibilità tornate
di valigie chiuse nei corridoi 
di oscurità da luce di candele svegliate
e una bolla di sapone che distrae gli occhi tuoi.

Ponte

lunedì, settembre 06, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 02:02

Che sia seduto sul mio letto, sulla mia bici o su un ponte sopra un fiume che scorre. In qualsiasi posto, trovo così semplice distrarmi e fantasticare immaginando chissà quale posto, chissà quale evento e chissà quale persona.
Così semplice e senza alcun prezzo da pagare.
Non c'è modo migliore di muoversi nelle strade del tempo e dello spazio. Creare, creare qualcosa che sia diverso dalla realtà o difficilmente raggiungibile e poterla afferrare chiudendo solamente gli occhi.

Anche adesso.

Mentre la luna è tagliata a metà e con la particolarità unica di un ponte. Chi lo attraversa può affrontalo solo in tre modi diversi: superandolo da un verso o nell'altro, oppure fermandosi con tutto ciò che lo circonda.

Stazioni

domenica, settembre 05, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 19:49

Mi piacciono le stazioni, gli aeroporti, quei posti che sono di passaggio.
Mi piace girare attorno a quelle persone momentanee e osservarle.

L'unicità di questi luoghi è il loro esser poco particolareggiati da determinati individui, bensì dalle sfumature delle persone che si mischiano. E le studio in mezzo a quel turbinio di bagagli, mi faccio affascinare.

C'è la ragazza carina che ti fa girare la testa,
c'è la mamma con il bimbo che ti fa tenerezza,
c'è il gruppo di amici pronto per la vacanza
e c'è sempre qualcuno da scrutare in lontananza.

Sicuramente non mi annoio, oltre a provare un pò di invidia nel guardare la lista delle partenze: non potrei dare voce a una delle mie tante incoscienze?

Incontro in prima persona

domenica, agosto 29, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 13:05

(…)

Iniziamo dal principio.
Una gradevole vacanza stava giungendo al termine, ero imbottito di valigie, borse e borsoni giusto al punto di ingobbire un po’. Mi stavo dirigendo, in quel momento da solo, verso la fermata dell’autobus. Così vedo questa ragazza sola sul ciglio della strada, anche lei zaino in spalla e in mano una fedele macchina fotografica. Sembrava distratta dal paesaggio, occupata a compiere chissà quale importante scatto. Arrancato nel mio passo, andavo verso la mia direzione e la guardavo.
La guardavo senza essere invadente, la guardavo come guardo le persone che mi sembrano interessanti: in atteggiamento “oculare” sfuggente per non violare la gente, se fisso le persone mi di diventare invadente anche se loro sono totalmente inconsapevoli di essere sotto osservazione.
Mi affascinava.
E io amo essere affascinato. Di conseguenza scatta quel meccanismo in cui cominci a parlare con la tua coscienza e analizzare con te stesso ciò che ti aveva appena colpito. Riassumendo il mio discorso interiore, mi dicevo “Sembra una ragazza carina, guardala credo che sia in viaggio da sola. Non è sicuramente da tutti.” E poi sembrerà una stupidità, ma vederla con una macchina fotografica in mano le faceva conquistare molti punti nei miei confronti, lo considero un fatto molto positivo, un sinonimo di creatività. In seguito continuavo a dirmi e a ipotizzare, tentavo di darle un’identità “Dovrebbe essere una persona interessante, ma davvero. L’istinto, queste sensazioni a pelle me lo fanno intendere”. Ma nel frattempo ero proseguito avanti, così lasciai perdere quel pensiero sfiorato.
Poco più tardi la ritrovavo ad aspettare l’autobus con me e i miei amici che mi avevano intanto raggiunto o meglio superato con la “scansafaticaggine” dell’autostop. Ricominciai a scrutarla. A modo mio appunto: un po’ di nascosto, un po’ senza farmi vedere. Così vampò l’idea di dovergli scambiare due parole, ma al solito mio mi frenavo, mi ponevo mille ostacoli e timidezze. Nell’incertezza presi il mio quadernetto e scrissi in stupide rime parole che la mia testa creava sul momento. Sentivo il suo sguardo curioso su di me e lo gradii subito. Tuttavia non mi ero ancora deciso a proliferargli parola e ad un tratto giunse il pullman. Fu lei che poco prima aveva preso un suo medesimo quaderno e disse che la legge di Murphy non sbagliava mai. Io spontaneamente borbottai qualcosa e in quei pochi attimi le chiesi anche se stesse viaggiando da sola. Lei mi rispose in parte sì, in parte no. Salimmo sul mezzo: lei sola un paio di posti più avanti, io e i miei amici comodamente in fondo.
Mi ero deciso, il quaderno e quelle poche parole mi erano bastate per impormi di doverla conoscere. Avevo una voglia matta di conoscerla.
Questo fu il motivo per il quale scommessi con un mio amico che mi ci sarei seduto vicino e avrei attaccato bottone: era solamente un escamotage per spronarmi. Ma ahimè, ero di nuovo in balia della mia incertezza. Così non feci niente per un bel po’ di tempo. Quello che mi fece prendere azione fu quando ad un certo punto si voltò e i nostri sguardi si incrociarono. Quanto mi piace incrociare gli sguardo, mi sembra di poter parlare senza le parole. Dopo poco, quindi, mi alzai e mi avvicinai al suo posto e con agitazione nascosta (credo) usai la prima frase facile e banale che in quel momento mi poteva uscire, fu un “Ti posso disturbare?”. Era occupata a scrivere e alla domanda si girò verso di me, la sua risposta affermativa mi trasmise subito un senso di contentezza.
Potevo darle un nome finalmente, Claudia e parlare con lei mi fu subito semplice e naturale, soprattutto molto piacevole. Non voglio soffermarmi dettagliatamente sulla nostra conversazione, poiché parlammo tanto e di tanti argomenti, anche se fu uno dei miei viaggi in bus più corti della mia vita. Ricordo bene che mi fece subito piacere, quasi felice il fatto che ,durante il tragitto a piedi, lei mi abbia notato e mi avrebbe voluto salutarmi, dirmi un “ciao”, per farci quel pezzo di strada insieme, anche se poi non l’ha fatto per chissà quale analogo timore. Dovevo scendere, alla fine mi chiese un contatto e internet si rivelava sempre una grande invenzione.
Nonostante la piccola invadenza degli amici, dopo esserci salutati ero soddisfatto, ma anche un po’ dispiaciuto. Soddisfatto perché le mie sensazioni avevano avuto ragione. Quella piccola, ma ricca conversazione bastava per rendermi conto che avevo conosciuto una bella persona e questo mi impreziosiva. Ma soprattutto ero sorpreso dal fatto di sentirmi sorridente, gioiosi, ma sì felice. Mi sentivo un condottiero vittorioso (di chissà quale grandioso gesto, ma non me ne importava). Ripensavo a ciò che era successo, Claudia era riuscita condividere quel poco che mi aveva davvero colpito, mi aveva messo in moto.
A quell’incontro ci penso ogni tanto, mi fa sorridere.

(…)

Alzare la testa

venerdì, agosto 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:44

Mi piace guardare il cielo e ciò che lo riempie: le nuvole, le stelle, il sole e la luna. Pensare chi, in quello stesso momento, li stia guardando insieme a me da un'altra angolazione. Così, ho l'abitudine di alzare la testa nei posti più remoti e casuali.

E chiedersi "Chissà".

Chissà cosa pensa, cosa fa, cosa sta riempiendo l'attimo di una determinata persona. Cosa può significare adesso quel presente.
Certe volte sarebbe magnifico esserne a conoscenza, ma quasi sempre si ritorna a quel banale Chissà.

Ballata Folle

Pubblicato da Dan Angelo alle 00:35


Cerco sempre parole su cui ballare
Non faccio niente di speciale
Mi piace raccontare a me stesso
Le sfumature che osserva il mio senso

Così plagio quelle pagine bianche sempre così affascinanti
Linee rette da colpire e riempire
Sprazzi di vita lucenti
Racchiudendo chissà qual mistero da celare

Spieghi le braccia come ali
Chiudi gli occhi e basta poco per sentirsi volare
Con il vento che ti parla tra i capelli
Sei tu e la voglia di vivere tra i denti

Riaprire un attimo la vista basta per incrociare uno sguardo
Magari di un altro passante come te
E può esser che lui sia speciale
Con una sua storia da adorare
E uno stesso vento con cui giocare

Condivisione

Viaggi di cui non vorresti mai veder la fine
Il sorriso di un incontro cercato
E la penna poggiata su quel foglio
Sempre pronta per una nuova storia di cui raccontarmi

Far l'equilibrista sulle strisce

Pubblicato da Dan Angelo alle 00:34


Strade asfaltate nel sole cocente
tra allegre nuvole danzanti.
Pesi in spalle e vento urlante.
Il cammino e la via davanti
a se era l'unica direzione.
Inseguire il viaggio era l'unica occasione.

Mare veloce di rocce scoscese
Onde di verde
Pianure di azzurro
Equilibrio precario di un sorriso di libertà

Sguardi sfuggenti di pensieri sfiorati.
Chiudere gli occhi e vedere posti mai trovati.

La stanza

venerdì, luglio 16, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 05:13

Parete bianca nascosta da pezzi di carta che sanno di vecchio, di antico piuttosto di ricordo. Libri instabili su torri improvvisate. Penne che non scrivono più, parole scritte in segni eterni che non parlano più. Immobile letto, instabile e stanco, di scatti improvvisi e di coperte scivolate a terra. Cuscino compagno di abbracci e di comodi appoggi, pronto anche a bagnarsi. Porte sbattute e posate dolcemente. Stazionaria quiete di una musica o del silenzio. E' più notte che giorno.

Direzione Africa

sabato, giugno 26, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 04:27

Vento d'estate portatore di libertà. Una libertà che ormai fa parte di te, libero da una qualsiasi corda o catena che sia, libere le braccia, libere le gambe, libero di guardare, libero di sentire, libera la mente. Galleggiando tra una porta e un altra, fluttuando tra un incrocio e un altro. Giusto fermo qualche volta con le mani in tasca e sguardo in alto rivolto verso qualche indicazione casuale, alzando le spalle e percorrendo quella più simpatica. Indipendente, saper correre con le proprie gambe e raggiungere i luoghi più ignoti. Indipendente, morto a galla sul mare del proprio ego. 

E stai bene.

Ma a volte si avverte una mancanza, "fisica". Non c'è quel peso e quella palla legata al piede, che quando ti giri tu sei la mia costante, tu sei sempre presente, sei una motivazione.

E allora si sta un po come in Africa: all'ombra, nascosti dal sole e perché no? Sperare che piove.

Ci si rialza e si capisce di aver avuto ragione

mercoledì, maggio 19, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 23:23
Cara mia vita, ti vivo bene e non giri attorno alle persone o perlomeno penso tu per me hai altri obiettivi da compiere. Le persone che incontro, che conosco mi hanno sempre arricchito di qualcosa, abbiamo condiviso qualcosa. Certamente chi più chi meno, poi ci sono quelle persone che si legano più profondamente che sono importanti. Non comprendo se son dovvero io quello sbagliato, ma non credo perchè scrivo tutto ciò con il sorriso. Tutte queste persone le ho tollerate, ci ho discusso, ci ho parlato, mi ci sono abbracciato, le ho voluto bene. E voler bene, oltre tutte le difficoltà oltre gli osticoli. Ci si vuol bene. Vita, lo so non sei semplice, a partire dai rapporti con le altre persone fino alle guerre descrivendoti così banalmente. Lo so che forse non andrà a genio a chi si sentirà preso in causa, ma se ho sbagliato in qualche modo per loro dico sempre mi dispiace, sono umile e dico scusa. Non voglio essere nè egoista nè Egocentrico. E in tutto ciò a tutte queste persone io non credo di aver voluto recare fastidi, importunarle, anzi. Sono una persona che si fa sorprendere sempre dalle belle cose e dalle brutte. Tu vita sei fatta di pilastri: la famiglia, gli amici, l'amore, il lavoro e chi più chi ne metta. E se alcuni di questi pilastri cede, si che fa male. Ma il dolore lo si accetta, si soffre ma si lotta. Non c'è una lotta senza sofferenza. Cito:

"è pathei mathos:
imparo attraverso la sofferenza.
consapevole di questo prende la penna.
è vero: fa male.
ma l'ennesimo inchino non è dannato.
l'ennesimo inchino è katarsis.
liberazione.
scrive.
ride."

Ma la struttura regge, e io ti vivo. E bene. Felice di tutto ciò che posso avere ogni giorno, triste di tutto ciò che posso perdere ogni giorno. E ci sono quelle persone che possono essere piccoli pilastri di te, che messe insieme sono una grande colonna portante. E forse è la paura che vedi certe persone cambiare, è la paura di rendersi conto che su queste forse ti sbagliavi. Forse ti viene più facile lasciarle andare per la loro strada, ma ci sarà sempre quel dispiacere che loro erano un pilastro. E quel dispiacere che forse non lo erano davvero. Forse. Perchè le persone, son particolari e insostituibili.
Ma nonostante tutto le vuoi bene. Anche se sei diventato negativo, o ti ci hanno fatto diventare. Anche se non lo volevi. Sto bene con me stesso, anche se sbaglio, non lo faccio di proposito. Troppo analisi? Ma sto solamente attento ai miei pilastri e a te, cara vita. E anche se picchi duro, sai dare anche le carezze!
L'indomani abbiamo ancora tanto da fare cara mia e bene.
Cosa vuol dire bene? Per me vuol dire tante cose, poi chi lo sa

Parole non mie

Pubblicato da Dan Angelo alle 01:39

"Se è follia allora va bene così, il bello della follia è che nessuno può pretendere una spiegazione da essa. Se è crescita dovremmo pensarci un attimo, troppo facile e razionale. Chiamiamola follia allora, forse riusciamo a conviverci meglio e ci piace anche di più.
Follia."

Qualcosa c'è
che ti fa paura
e rende incerto il tuo volo.
Sarà l'idea
che il tempo si consuma
e l'improvviso sei solo,
come un attore hai scelto il ruolo
di chi è sicuro di se,
ma sai benissimo che la tua arte
è nella parte fragile di te.

Cerca angoli di cielo
fantastiche visioni,
per dare nuova luce ai tuoi occhi
lasciando entrare tutte le emozioni
senza far finta che l'amore non ti tocchi.
Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca tra la gente le parole
segui la tua vita
non lasciarla andare
ora è il momento

Perchè non c'è
nessuna differenza
se vinci o se perdi,
quello che conta
che ha più importanza
essere quello che sei.

Cerca angoli di cielo
fantastiche visioni,
per dare nuova luce ai tuoi occhi;
lasciando entrare tutte le emozioni
senza far finta che il dolore non ti tocchi.
Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca tra la gente le parole
ama la tua vita
non lasciarla andare
ora è il momento

Prendi tutti i suoni
dal frastuono di ogni giorno
cerca in ogni notte un po' di sole
ama la tua vita
non lasciarla andare
ora è il momento
non aspettare.

Battiti di cuore

sabato, maggio 15, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 22:45

Battito di cuore vivo primordiale
Battito di cuore ritmo naturale..
Scorre lentamente, cosi, Cisco in quella calda notte d’estate. Una notte come un’altra all’apparenza, ma come ogni notte non tornerà mai. La notte non è una canzone in loop: è una singola, ma lunga melodia.

E così scivolando tra i battiti, pensavo, rileggevo, scrivevo. E dolce m'era il naufragar in quel mar.
Mar di sensazioni e parole.

"La notte è portatrice di pensieri, di sogni e di incubi severi. La penna è il mio strumento, la suono e l’accordo, non saprò suonare una chitarra, ma il mio scuro inchiostro se la canta. Il canto appartiene solitamente alle più belle fanciulle e le stelle mi osservano incuriosite come alla vista di un pazzo con gli occhi chiusi, poiché affermavo di vedere una delle mie gioie più vere. “Sei un povero stolto” mi dicono “chi vuoi vedere, se solo il buio puoi scrutare?” Risposi “ Oh care stelle, potrei essere anche stolto, ma ascoltate la melodia della mia penna e poi provate a darmi torto. Così chiusi gli occhi.

Eccoti, la vedo. Lei. La fermo e alla sua vista qualcosa dentro di me si apre, si irrigidisce, freme e la mia faccia si veste del solito ebete sorriso. Chiudo gli occhi per avere davanti lei. lei. Sfioro i suoi capelli, li faccio passare tra le dita.. più volte.. giocherellando con quella vivace treccina che mi indica il suo viso. Il suo viso.. lo guardo, scivolando con la mano sulla guancia e sulle sensazioni della pelle fino a fermarmi sul suo sguardo fugace e testardo, anche un po’ ribelle, ma cosi intenso da dover ammettere che spesso mi ci son perso. Con un dito assaggio le labbra, labbra di brividi intensi e parole pesanti. Labbra di una bocca che s’incurva un po’ trasformandosi in quel particolare e splendido sorriso che non può fare a meno di rallegrare anche me. Però lei non finisce qui. Lei è emozionata, arrabbiata, felice, triste. Lei ama. Lei odia. Lei lotta tra le sue paure e le sue incertezze. Lei è un’amica. Lei è fuoco. Lei è pioggia. Lei è vento. Lei è imprendibile. Lei.

E non ci sono né domande né perché.
Lei accelera i battiti del mio cuore.
Lei è amata. E’ amata da Me.
Quando la mia penna si fermò, riaprii gli occhi e le stelle diedero il loro giudizio. “ Non solo sei stolto, ma anche innamorato” Io sorrisi, compiaciuto.

Richiusi lo sguardo. Tu stavi sempre li."


"The triangle tingles and the trumpet plays slow" ♪


Buchi.

Dialogo di un viaggiatore e un passante

venerdì, maggio 14, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 02:11


Gocce di pioggia.

Il viaggiatore si era inspiegabilmente fermato, aveva trovato un piccolo riparo sotto un cornicione, e lì interrotto il suo viaggio. Immobile osservava quelle spietate molecole d’acqua che picchiavano incessantemente il suolo, penetrandolo. Nelle sue avventure aveva già affrontato bufere e tempeste, ma stavolta si era fermato. Aprì il palmo della mano, sentì una goccia. Era fredda. Gelida.
Abbassò la testa, era confuso. Disperato.
Le persone intanto correvano avanti e indietro per sfuggire anche loro dalla pioggia, figure spente sparivano dentro case ed edifici senza lasciar traccia del loro passaggio. Così era rimasta la strada. E la pioggia.
Mentre appariva tutto cosi vuoto, il viaggiatore notò uno strano personaggio che camminava lento, ma sicuro sotto quella pioggia. Sembrava che per lui la pioggia non ci fosse, andava dritto per la sua strada. Il passante voltò lo sguardo verso di lui, in quell’attimo successe. Il loro sguardo si era incrociato.
Quella figura si fermò e con stesso passo si eresse davanti a lui.
L’immagine tanto forte e imponente di tale creatura, si rivelò il dolce sguardo di una giovane fanciulla. Lei lo guardò negli occhi e gli mostrò un candido sorriso.
Come se parlasse sussurrando, disse: “E’ una bella giornata oggi, non crede?”
Il viaggiatore impreparato a tale domanda, quasi balbettando rispose: “ehm.. ma… piove.. mm.. non vede?”
La ragazza come guardandolo con comprensione continuava a sorridere con lo sguardo: “ Si, lo vedo. E allora?”
Sospirò per un momento e poi rispose.
“Allora non è un bel tempo..”
“E’ un brutto tempo? Forse perché lei vuole vedere brutto tempo, ma mi dica.. Lei cosa fa nella vita?”
“Viaggio. Osservo il mondo. Lo contemplo.”
“E perché se ne sta fermo?”
“Ho le scarpe pesanti.. Mi sento stanco. Ora mi sembra tutto cosi brutto..”
“Ti sembra, ma non deve essere necessariamente così. Apri bene gli occhi guarda bene.” Indicò il cielo. “Cosa vedi?”
Egli alzò lo sguardo cercando di vedere qualcosa. “Vedo soltanto nuvole. Nuvole scure.”
“Ne sei certo? Sono quelle nuvole che ti impediscono il cammino? Che ti prendono tutta la tua energia?”
Il viaggiatore riabbassò lo sguardo “No, non credo.. non lo so..”
La fanciulla allora, accarezzò il suo viso e gli fece riosservare il cielo. “Ma non vedi che il cielo in cui viaggi è sempre lo stesso ? Non vedi le straordinarie cose che ti accadono ogni giorno. Questa fredda e gelida pioggia disseterà piante, animali.. sarà vita. E te che non vuoi più viaggiare, non ripensi alle incredibili cose che ti sono successe, che non avresti mai pensato sarebbero accadute? Non fermarti, vivi. Ci sono tante emozioni, momenti che dovrai tenere stretto, per viverne altri e altri ancora.”
E cosi apparve. Il sole. Luce.
“Ora ti chiederai se ne vale la pena. Si ne vale la pena. Avrai visto distese verdi e isole, non è stato meraviglioso? Non te ne accorgi allora, delle cose stupende che ti accadono? Hai ancora mari e montagne da raggiungere, guardare e raccontare, trasmettere agli altri. Non fermarti. Prendi ciò che ti serve e vai per la tua strada. E non far piangere il tuo cuore la fuori. Fallo ridere di tutte le cose che ha fatto tesoro, sta facendo tesoro e farà tesoro. Immensamente Preziosi… Come Polvere di stelle.”
Il viaggiatore ebbe un sussulto. La luce del sole lo accecò. Vide i suoi viaggi. I suoi prati. Le sue isole. Stropicciò gli occhi. La fanciulla si era dissolta come neve al sole.
Era il momento di alzarsi e avvicinarsi a quello che poteva farlo sorridere.
Lui…
Viaggiava.

Era più facile

giovedì, maggio 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:54
"E il cuore mi va in pezzi, certo, in ogni momento di ogni giorno, in più pezzi di quanti compongano il mio cuore, non mi ero mai considerato di poche parole, tantomeno taciturno, anzi non avevo proprio mai pensato a tante cose, ed è cambiato tutto, la distanza che si è incuneata fra me e la mia felicità non era il mondo, non erano le bombe e le case in fiamme, ero io, il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l'ignoranza è forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalla felicità un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato." [Jonathan Safran Foer - Molto forte, incredibilmente vicino]


Nella vita ci sono cose per le quali vale la pena di lottare fino in fondo. Tu ne vali la pena.
Ci devo pensare un pò su. Convincimi.

Magari capire.

Un po' lo sono

lunedì, maggio 10, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 20:59

OrientamentoFunzione dominanteFunzione d'appoggioFunzione terzaFunzione inferioreTendenza
IntroversoSensazioneSentimentoPensieroIntuizionePercettiva



Il tipo introverso sensazione è una sorta di spugna umana. Assorbe la realtà che lo circonda. Quando incontra qualcuno o qualcosa è in grado di percepire un numero sorprendente di dati e di sfumature. Visto dall’esterno, questo tipo può sembrare poco coinvolto con quello che avviene intorno a lui. In realtà sta assorbendo tutte le informazioni che i suoi cinque sensi sono in grado di fornirgli. Può essere difficile per chi gli sta intorno capire questo suo processo di assimilazione della realtà. Le sue reazioni esterne possono essere lente ma quelle interne sono invece profonde ed intense. È generalmente una persona tranquilla e gentile. È molto concreta e di poche parole. Tende a essere molto modesta, a volte in maniera anche eccessiva: può correre il rischio di sottovalutarsi. È comunque una persona che non si vanta di quello che fa. Dei 16 tipi, è quello meno presuntuoso di tutti. Dato che la sua funzione di appoggio è il sentimento, è sensibile alle persone, alle loro reazioni e situazioni. È anche molto sensibile alle sofferenze altrui. Come tutti gli introversi tende a essere molto riservato. Si confida soltanto con poche persone pur avendo una buona capacità di stabilire un rapporto con gli altri. La sua funzione inferiore è l’intuizione. Non è pertanto portato a grandi slanci della fantasia e non cerca di elaborare una visione strategica quando affronta un compito o una situazione. Può venire colto di sorpresa da eventi che avrebbe anche potuto prevedere. Non è particolarmente interessato ad imporre una sua visione o organizzazione delle cose. Preferisce seguire la via della flessibilità e dell’adattamento. Con le persone è tollerante e comprensivo. È leale e ha difficoltà a stare in ambienti dove c’è poca armonia. Non è una persona critica ed è difficile che parli male di qualcuno. Attribuisce una grande importanza alla vita familiare. La sua concretezza lo porta a semplificarsi la vita e ad apprezzare la bellezza delle cose semplici. Ama la natura e gli animali. Sul piano lavorativo può essere particolarmente a suo agio in posizioni che comportano un contatto con le persone. Può essere attratto da lavori con una componente sociale. È capace di una notevole dedizione in campo professionale.

Consapevolezza

domenica, maggio 09, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 12:56

Fate l'amore non, fate la guerra / dicono gli hippy dall'inghilterra /
sta scritto sui muri e sui cartelli / lo trovi anche da feltrinelli /
amare è facile per chi ha il conto in banca / e non deve trattare con il padrone /
Ma noi diciamo morte al padrone / guerra di classe / Rivoluzione.

Qualcosa non va. E lo si può vedere qui, lo si può vedere li, lo si puo vedere laggiù. Cos'è che non va? La risposta è molto semplice. La puoi trovare negli occhi di un vecchio malato, di un bambino che piange, in un operaio, in un minatore, in una madre, magari nel tuo stesso vicino. C'è tanta ingiustizia nel mondo. E' facile coprirsi gli occhi e vivere. O ancora peggio è facile aprire gli occhi e fare finta di niente. Accendiamo il televisore. Possiamo vedere povertà, guerre, calamità e distruzione. Pane quotidiano. Eppure a noi non ci tocca, quindi va bene no? Se non avvertiamo il dolore attorno a noi, se non vediamo terremoti, se non vediamo guerre, se non vediamo la PAURA, la RASSEGNAZIONE allora tutto va bene. Ma guardate il nostro pianeta, del suo bel colore blu, bello non credete? E noi lo abitiamo. Siamo abitanti della Terra. Lo siamo tutti no? Abbiamo una casa, un lavoro, un famiglia, magari anche dei bambini. Tuttavia apro il giornale. Mi parla di popoli che sembrano tanto lontani, eppure come me lui abita il nostro bel pianeta. Ma una casa, un lavoro o solo da mangiare o da bere, Lui non c'è l'ha. Perchè? Il suo sangue e' rosso come il mio. Il suo sorriso e' come mio. Il suo cuore è come il mio. Le sue lacrime sono come le mie. Ma la sua vita non è come la mia. E io mi chiedo perchè? Perchè?
Io Mangio. Io Bevo. Io Vivo.
Lui Non Mangia. Lui Non Beve. Lui Non Vive.
Qualcuno abbia il coraggio di dire che è giustificata tutta questa ingiustizia, di dire che è meglio fregarsene, di dire che tanto non tocca a noi. O qualcuno abbia il coraggio di dire che dato ciò siamo fortunati e quindi godiamo di questo.
Ma è così folle voler cambiare le cose? E' così sciocco volere quell'uguaglianza sociale che ci dovrebbe essere in questo mondo?
Quando il dolore è vicino e lo avvertiamo, sappiamo agire, vogliamo curare. Ma rendiamoci conto che il dolore di un bambino, di una madre, di un anziamo, di un adulto è presente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Ma vogliamo tutto ciò? Mentre noi dormiamo, sogniamo, desideriamo. C'è chi non dorme, non sa cosa siano i sogni e non può che desiderare di vedere il sole del giorno seguente.
Mentre dall'alto i potenti se ne stanno sulle loro nuvole, a guardare le persone come se non contassero nulla e si sfidano tra di loro seduti davanti a un gioco da tavola. Vogliamo continuare a fare le pedine? O vogliamo cambiare, vogliamo quella giustizia e quei diritti che dovrebbero godere tutti gli uomini?
Voglio un mondo dove tutti abbiamo le stesse possibilità, magari senza i soldi. Un mondo dove non c'è nessun potente. Un mondo dove non c'è nessun povero. Un mondo senza armi, senza sottomissione. Un mondo senza ingiustizie.
Un mondo dove guardare in alto e poter dire con certezza che viviamo tutti sotto lo stesso cielo.
Fosse facile come nello scriverlo..

Passi

martedì, maggio 04, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 23:40

Camminava.

Dalla penombra dei palazzi di quella piccola via immersa nell’immenso abbraccio del labirinto della città, si intravedeva la figura di un vagante ragazzo moro illuminato dalla luce di un lampione che colpiva i passanti nascosti dall’oscurità della notte. Il suo passo era stentato, sembrava avere le scarpe troppo pesanti di un fardello invisibile agli occhi. Mp3 in tasca e cuffiette all’orecchie, teneva la schiena inarcata a causa dello sguardo basso che sembrava fissare ogni centimetro di strada che percorreva. Pioveva. Era una pioggia fine e leggera quella che lo accompagnava, le stesse timide gocce cadute dall’alto del cielo si potevano osservare nella loro violenta discesa, anch’esse illuminate da quella luce artificiale. Viaggiando senza biglietto e senza destinazione, il lettore musicale faceva andare l’ennesima canzone che sembrava far da sottofondo alla storia della sua vita. In realtà osservava i suoi stessi passi. Erano muti di sordo silenzio.

E anche quel giorno pioveva. La luna cercava a stento una finestra tra le nuvole. E anche quel giorno si potevano osservare dei passi. Erano armoniosi e il loro posarsi sulla terra suonava come una zuccherata sinfonia. Quel caldo suono sembrava quella di una dolce camminata di due gambe felici, ma in realtà erano quelle di quattro. Si. Due corpi si muovevano cosi in sintonia che il loro andare sembrava quella di una sola persona. Musica.

-Assurdo- disse sottovoce il ragazzo.

La sua ombra era proiettata al suolo e si fermò un istante a osservarla tra le scure pozzanghere che la facevano da sfondo. Solo lei seguiva ritmicamente i suoi passi. Cambiò canzone.

Camminava.

Bolle di sapone

lunedì, maggio 03, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:42


Sorrisi così spontanei
che fan paura doverli ammettere.
Visione opaca e appannata
di un chiaro imprevisto
in uno strano tracciato.

Imprevisto d'azzurro.

Tra polvere che si accumula negli angoli
Stupore di un vento nuovo
che mette dubbio e incertezza.

Profondità di parole che riflettono il cielo
il pensiero sussurra
tremolanti immagini
rubati a abbracci così cercati.

Sensibilità tornate
di valigie chiuse nei corridoi
e di vuoti svegliati da luce di candele
con lo sguardo distratto da una bolla di sapone.

Pallidi Collage

domenica, maggio 02, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 21:39
Oggi è un giorno pallido.
Non ho fatto niente.
Le idee sbiadiscono.

Ho sbagliato per sbagliare non perché lo dite voi. E non mi pento proprio, sono in riserva ormai. Io ci credo in quel che voglio e forse voglio farmi male Ma non mi riconosco in quello che conviene. Mi piace scivolarvi fuori da ogni calcolo Per riportarmi in riga servirà un miracolo

Sento il bisogno di qualcosa di forte un'emozione che sbatte le porte ma io lo so dove devo cercare seguo il rumore, non mi posso sbagliare Rumore viene dalla televisione ventisei pollici d'informazione eco del mondo che rimpalla sul muro trapassa i nervi, rimbalza canguro. Rumore, Rumore, Rumore mi vibra forte nella testa dolore

Mi serve troppo perdermi per starmene con me Che il tempo porti polvere che il vento piano spazzi Ricordami di ridere un altro dei miei debiti Ma quanto devi correre per stare a tempo dietro a me Io vivo in un satellite che gira assai lontano ma addosso ho troppa ruggine per ritornare in fretta a terra qui da te
Sparami...
mira al centro
fallo a tradimento
che il mio cuore è di cemento e un colpo solo non lo sento.

Solo vita che viene, solo vita che va Rivoltando le genti e le città Con il culo in Europa e il cuore in Africa. Scoperchiamo il futuro che verrà