Aria manca l'aria, non si respira.

sabato, luglio 28, 2012 - Pubblicato da Dan Angelo alle 04:03

Quattro pareti bianche che ti circondano e ti fissano nel loro imperturbabile silenzio. 

Aria manca l'aria, non si respira. 

Perlomeno l'aria è presente, ma è aria di mancanza. Ma sì certo manca qualcosa! Tutto si fa più piccolo, tutto si fa stretto!

Aria manca l'aria, non si respira. 

Scorri la mente.. quanti paesaggi, persone, oggetti, momenti. Sono tanti pezzetti. Ci sono i pezzetti nuovi che si fanno spazio fra gli altri, mentre intanto altri pezzetti, alcuni presenti da tempo, si perdono scivolano via. Poi ci sono pezzetti che diventano più grandi, altri più piccoli. I pezzi più grandi sono pesanti.

Aria manca l'aria, non si respira. 

E' come un puzzle, mancano dei pezzi. Dove sono i pezzi che voglio, dove li devo cercare, dove si nascondono. Silenzio.

Aria manca l'aria, non si respira. 

Incontri altre teste, per i più pignoli persone. Altri pezzi. E loro mostrano soddisfatti pezzi pregiati presi chissà dove. Come fotografie inestimabili stanno lì altezzosi. E tu?

Aria manca l'aria, non si respira. 

Guardi, riguardi, cerchi. Io ho gli stessi pezzi! E spesso anche di meno, perché persi. Sospiri. Manca qualcosa, un vento da inseguire. Aria.

Aria manca l'aria, non si respira.

L'inutilità tra un caffè e una sigaretta

mercoledì, luglio 11, 2012 - Pubblicato da Dan Angelo alle 02:53


Piccoli semicerchi avvolgevano il cielo come una parata inaugurante l'avvenire della nuova primavera e così le rondini facevano acrobazie in aria come aereoplanini di carta che rimanevano sospesi a dispetto della gravità. Il caffè schiumato si sfumava al girare del cucchiaino, ad unire insieme quel misto dolce amaro risvegliante le menti assopite. Oscar apprezzò lentamente quella schiuma caffè-latte e poi, tutto d'un fiato, bevve la tazzina. Non soddisfatto aspettò il momento giusto per cogliere come pesci al retino l'attenzione dell'indaffarata barista dai mori capelli corti.
-Ti posso chiedere anche un bicchiere d'acqua?- chiese subito lui. - Certo.-  - Grazie Mille.- -Prego.- rispose lei con un sincero sorriso, mentre appoggiava il fresco bicchiere e tornava senza perdere attimo a servire i clienti. Il bar quel giorno ospitava più ospiti del solito, come se insieme alla primavera le persone avessero deciso di uscire dal torpore degli appartamenti di città e prendersi qualcosa tra il traffico delle vie. Il bancone era come un'orchestra frenetica fra lo sbattere di tazzine o lo sbattere del caffè sulle macchine, mentre le foci come grancasse tuonavano a gran richiesta del prodotto da loro prescelto. Oscar a differenza di quella freneticità, faceva tutto con ostentata calma e come per perdere ancor più tempo prese la bustina con lo zucchero rimanente e ne riempì il fondo della tazzina giocandoci distrattamente con il cucchiaino. Intanto si guardava intorno dando un po' un'occhiata chi riempisse il locale. I clienti abituali, vecchietti amanti del gioco a carte che si scambiavano opinioni sul nuovo ponte in città. -Sembra sempre meglio ai "nostri tempi", eh?- pensò Oscar tra sé e sé. Più in là, oltre un gruppetto di antipatici impiegati dalle lunghe cravatte superbe, aveva riconosciuto delle sue vecchie conoscenze, ma non aveva nulla di sprecar fiato e intraprender il rito di convenevoli che non interessava nessuno, allorché fece finta di non veder nulla e li superò con lo sguardo. Sui verdi tavolini di plastica poggiavano due borse di marca, o forse no, lui non se ne intendeva, ma lo dovevano essere da come se ne stavano ben posate con il loro aspetto altezzoso e le rispettive proprietarie accanto a loro come se avessero piantate  bandiere da sventolare. Indubbiamente delle belle ragazze, Oscar aveva tanti difetti ma aveva avuto sempre un buon gusto in fatto di donne, erano entrambe castane, una liscia e l'altra castana, vestiti curati con la maniacalità di uno stilista sbruffone che si dimenticava di esser pelato, visi altrettanto curati dipinti dai loro trucchi, quasi artificiali, talmente aberranti della loro consapevolezza di dover attrarre e far annusare il miscuglio di profumi da mischiare agli ormoni primaverili, che lui non ci perse che qualche battito di ciglio poiché il loro gesticolare e le espressioni cretine non potevano che esprimere qualche infima discussione sul loro shampoo o il nuovo amore dei prossimi tre giorni. Non c'era nulla o nessuno da poter catturare il suo interesse, così rotto l'ultimo granello di zucchero, uscì dal bar con una mano nella tasca a giocare con i due pezzi da dieci centesimi e lo scontrino accartocciato che sarebbe finito in lavatrice erroneamente. Un anno fa, il carcere. Un anno fa il suo paese era nel pieno di una delle più grandi proteste popolari che la storia potesse ricordare, lui ricorda bene i sorrisi, la voglia di cambiamento che leggeva negli occhi della gente. Amava spassionatamente quegli occhi, così uniti per le strade e pronti a riprendersele a ogni costo, talmente ostinati che non doveva accadere. Divise blu, sirene. Una fredda telecamera di una banca puntata e lui venne accusato di resistenza a pubblico ufficiale mentre liberava un suo compagno dalla violenza del manganello. Così per direttissima, le sbarre. Le urla che gridavano ingiustizia non valevano per chi le leggi le decideva o le applicava. Ricordi da lasciare sbiadire come macchie nella candeggina. Così non rimase la rabbia o l'odio, rimase l'accettazione e lo sconforto. Il vuoto.
Superato l'angolo Oscar prese il 16, un tram che lo portò un paio di quartieri nella parte più a nord della città dove pensò di farsi una passeggiata. Oggi era la sua giornata libera e non aveva nulla da fare, gli amici erano occupati e non aveva la voglia di sforzarsi ed alzare la cornetta per trovarne uno disposto a passare del tempo con lui come fosse una supplica, a volte avvertiva che fosse così. I mezzi pubblici erano una sfida: un incrocio di arti umani incastrati dentro una scatola di ferro e asserragliati come lamine di un rasoio, il vecchio più pazzo o solamente più irrequieto degli altri pedoni non resistette, cominciò a urlare bestemmie all'aria mentre dall'altro lato del mezzo lo sguardo dei più sconcertati sembrava fare il segno della croce con gli occhi. Ad Oscar era indifferente, faceva parte del variegato dipinto della metropoli e dello scarso servizio della mobilità in città, anzi quel vecchio gli stava quasi simpatico, infondo gridava ciò che a tutti, in quel tram, faceva capo tra i loro pensieri. Dopo qualche fermata lasciò l'anziano alla sua invettiva e scese dal tram. I passi andavano allo stesso andare della monotonia della città, l'odore dello smog, i passi affrettati delle persone sempre dettati dalla destinazione da raggiungere il più veloce possibile, l'insostenibile attesa di un semaforo verde e le vetrine senza vita di fantocci vestiti. Nessuno si scandalizzava più e sembrava che del clamore dell'anno prima si fosse persa memoria e tutto sia stato insonorizzato da invisibili pareti di attonito silenzio. Dopo qualche minuto di camminata, Oscar si imbatté in un piccolo giardinetto a strappare il cemento, con le giostre dove i bambini del quartiere scendevano giù per lo scivolo arancione o si arrampicavano con gran fare nella ragnatela di corde sotto l'attenta supervisione di genitori, i quali sembravano scambiarsi i miglior consigli che la televisione aveva mandato la stessa mattina per far crescere sani e forti i loro pargoli in questa società fantastica, pensò che si poteva fermare a una panchina di legno rovinate, ma l'idea di sentire i nomi di strani prodotti gli mise più nausea allo stomaco rispetto alle loro grandi promesse di alta digeribilità. Sorpassato l'angolo verde, incontrò un giovane senzatetto, questo come se avesse imparato una parte a una scuola di recitazione, occhi inarcati insieme alle sopracciglia che puntavano a guardare dritto nei suoi, a cercar il punto in cui scavare la bontà dell'anima e della compassione e con voce melodicamente supplichevole gli chiese qualche moneta invano: Oscar scosse la testa. I mendicanti riescono a far nascere nell'uomo il malessere nei confronti di chi è meno fortunato o semplicemente ha meno di noi, in qualunque caso se decidessimo di svuotare o no le briciole che colmano le nostre tasche, non colmeremo mai a dovere il malessere del debito che sentiamo nei loro confronti. Quei due pezzi da dieci centesimi si fecero indescrivibilmente pesanti nelle tasche di Oscar, quel debito lo sentiva anche lui, come sempre ma sapeva che poteva farci poco. Era una giornata noiosa di quelle che il mondo se ne ricorda cento e le dimentica tutte insieme, stavolta non trovò nulla di esaltante o poetico in quelle strade sporche dai mozziconi di sigaretta o da cesti di legno usciti dal mercato accanto, tanto meno dagli sguardi vuoti della gente degni solamente di segnalare la propria presenza e di farti far attenzione a dove mettere i piedi, giammai potresti intralciare il loro percorso. -Era quasi meglio chiamare qualcuno.- pensò lui. Frugò nell'altra tasca dove c'era il suo pacchetto di marlboro rosse e l'accendino, anch'esso rosso. -Uhm, le ultime due. Dovrò ricomprare presto un pacchetto.- Uno sbuffare accompagnato dallo sfrigolio della pietra focaia e si accese la penultima sigaretta dando largo spazio alla morbide vertigine di fumo nei polmoni, per poi lasciarla galleggiare via nell'aria.  Più tirava e più la sigaretta si accorciava, ancora tirava e ancora la sigaretta si accorciava. 
Ad un tratto una frenata brusca. Una punto bianca aveva inchiodato e quattro uomini in borghese scesero all'istante, uno di essi urlò. -FERMO!- Il loro obiettivo era un ragazzo nero con una leggera camicia verde, un grosso zaino sulle spalle, jeans blu anneriti sugli orli e scarpe vistosamente consumate. Cercò subito di scappare. Niente da fare. I quattro gli stettero subito addosso, un colpo sul capo e a terra. Il ragazzo, ormai braccato, con la forza della disperazione abbracciò un palo segnaletico, come se fosse l'albero maestro di una nave in tempesta. -Adesso sono cazzi tuoi, stronzetto.- Disse freddamente e con odio insensato uno dei quattro mentre tirava fuori delle manette. La sigaretta fumante rotolava a terra sul grigiore del marciapiede, lasciata a metà in un pozzo di asfalto. Oscar correva verso i quattro. Correva e senza rendersene conto già stava urlando -COSA STATE FACENDO, NON POTETE!.- Non fece in tempo ad avvicinarsi che quello più grosso, lo spintonò via. Oscar sbatté la testa su un muro e perse i sensi. In quell'attimo tornò a un anno fa quando tirava via per la giacca il suo compagno per salvarlo dalla violenza dell'ordine. Anche in questo giorno inutile, altro sangue doveva scorrere. In modo inutile.


Dedicato a un ragazzo somalo, rifugiato politico, il 10 Luglio 2012 veniva fermato, strattonato e spintonato da quattro persone scese da una Renault Clio che non si identificano come carabinieri. Ragazzo in seguito rilasciato con le scuse e senza nessuna accusa. 

Strappo

domenica, luglio 01, 2012 - Pubblicato da Dan Angelo alle 13:12


Una pagina di un libro strappata dal resto della storia, presa di forza dalla imponente mano di un destino triste, così dura e violenta da far male. Uno strappo deciso, talmente di netto che non lascia nient'altro che quello che non si ha. Le righe, una trentina, rimangono asserragliate e rigide, precise in fila dietro l'altra, quasi come tenessero gli occhi chiusi e le saracinesche abbassate, immobili come guardie inglesi di fronte alla più enorme calamità. E le parole, ossa di lettere e carne di simboli, se ne stanno poggiate su di loro appollaiate come corvi che raccontano le sventure di quella terra ormai di sabbia e sassi. Oscura è la loro presenza come rocce legate alla schiena di schiavi che portano il peso di una penitenza inevitabile per ciò che hanno fatto o non hanno adempito. Una sete incredibile rimane attonita e non colmata, fosse acqua di lago sarebbe altra strada, ma il sole non sorge e son scarpe rotte costrette ad andare. Quindi è solo acqua di mare, che rispecchia sotto un ghigno sbeffeggiante l'aspetto ridicolo. Meglio evitarlo.
Un codice a barre sulla coscienza, eppure questo mondo non sembrava cattivo.
Con le mani si facevano castelli e un giorno son caduti, caduti per sbaglio. Ad andare dalla parte sbagliata si muore.
Passava solo una nuvola quel giorno, eppure in quel sole mi han ammazzato e son ancora vivo.