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lunedì, novembre 28, 2011 - Pubblicato da Dan Angelo alle 20:16


E così ero partito. Sembra che l'aereo, prima di decollare, si prepari psicologicamente zig-zagando fra le curve della pista d'atterraggio e, una volta deciso con le ali tese, corra all'impazzata fino a sentire il suolo mancare sotto i piedi. Nella salita sento la pressione dell'aria che mi faceva rimbalzare come una palla in balia di forze sconosciute.
Fuori era una giornata calda e soleggiata, i raggi del sole si specchiavano vanitosi come piccole lucciole sulla superficie del mare. Quest'ultima si faceva sempre più piccola ed estesa dall'oblò da cui guardavo l'esterno.

Mi allontanavo da Roma. Dove per me era tutto in sospeso.
Così ero partito. Chissà.

Sono circa le 4 del mattino e mi lascio Dubai alle spalle. Dal finestrino non si intravede nulla, l'atmosfera soffusa dell'aereo si inebria della musica pop giapponese. Mi ha fatto impressione la vista delle donne completamente oscurate da un nero burka: solo gli occhi potevano collegarci. Mi ha trasmesso un senso di pesantezza, come qualcosa che non doveva appartenere a questo presente. Ho riflettuto poi sul lavoro delle hostess. Ne osservavo soprattutto una asiatica dal fisico minuto, capelli legati in maniera scrupolosa e trucco senza la minima imperfezione. La vedevo andare avanti e indietro per l'aereo aiutando e confortando i passeggeri con una gentilezza e una naturalezza quasi divina. Così quasi ero imbambolato a osservarla, particolarmente incuriosito di come svolgesse il suo lavoro, in quel modo quasi dolce e gentile. Poi all'atterraggio vederla con lo sguardo abbassato e affaticato, mentre premeva con le dita gli occhi stanchi. Mi ha strappato un sorriso. E' come se avesse ripreso la sua forma umana.

Ma torniamo a quando mancavano quattromila miglia a Manila.

I miei occhi rimanevano senza fiato nel vedere uno degli spettacoli più umili e intensi della natura. L'infinità dell'orizzonte si espandeva nella sua massima essenza e dalla sua linea perfetta nasceva il calore del giorno nuovo. La sfumatura dell'alba era meravigliosa. Da lontano vedevo la nascita di un giorno nuovo e come un neonato faceva piccoli passi a gattoni fino ad alzarsi a conquistare il cielo.

Viaggiare verso est sembra proprio così: allontanarsi dall'oscurità per trovare la luce.