Incontro in prima persona

domenica, agosto 29, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 13:05

(…)

Iniziamo dal principio.
Una gradevole vacanza stava giungendo al termine, ero imbottito di valigie, borse e borsoni giusto al punto di ingobbire un po’. Mi stavo dirigendo, in quel momento da solo, verso la fermata dell’autobus. Così vedo questa ragazza sola sul ciglio della strada, anche lei zaino in spalla e in mano una fedele macchina fotografica. Sembrava distratta dal paesaggio, occupata a compiere chissà quale importante scatto. Arrancato nel mio passo, andavo verso la mia direzione e la guardavo.
La guardavo senza essere invadente, la guardavo come guardo le persone che mi sembrano interessanti: in atteggiamento “oculare” sfuggente per non violare la gente, se fisso le persone mi di diventare invadente anche se loro sono totalmente inconsapevoli di essere sotto osservazione.
Mi affascinava.
E io amo essere affascinato. Di conseguenza scatta quel meccanismo in cui cominci a parlare con la tua coscienza e analizzare con te stesso ciò che ti aveva appena colpito. Riassumendo il mio discorso interiore, mi dicevo “Sembra una ragazza carina, guardala credo che sia in viaggio da sola. Non è sicuramente da tutti.” E poi sembrerà una stupidità, ma vederla con una macchina fotografica in mano le faceva conquistare molti punti nei miei confronti, lo considero un fatto molto positivo, un sinonimo di creatività. In seguito continuavo a dirmi e a ipotizzare, tentavo di darle un’identità “Dovrebbe essere una persona interessante, ma davvero. L’istinto, queste sensazioni a pelle me lo fanno intendere”. Ma nel frattempo ero proseguito avanti, così lasciai perdere quel pensiero sfiorato.
Poco più tardi la ritrovavo ad aspettare l’autobus con me e i miei amici che mi avevano intanto raggiunto o meglio superato con la “scansafaticaggine” dell’autostop. Ricominciai a scrutarla. A modo mio appunto: un po’ di nascosto, un po’ senza farmi vedere. Così vampò l’idea di dovergli scambiare due parole, ma al solito mio mi frenavo, mi ponevo mille ostacoli e timidezze. Nell’incertezza presi il mio quadernetto e scrissi in stupide rime parole che la mia testa creava sul momento. Sentivo il suo sguardo curioso su di me e lo gradii subito. Tuttavia non mi ero ancora deciso a proliferargli parola e ad un tratto giunse il pullman. Fu lei che poco prima aveva preso un suo medesimo quaderno e disse che la legge di Murphy non sbagliava mai. Io spontaneamente borbottai qualcosa e in quei pochi attimi le chiesi anche se stesse viaggiando da sola. Lei mi rispose in parte sì, in parte no. Salimmo sul mezzo: lei sola un paio di posti più avanti, io e i miei amici comodamente in fondo.
Mi ero deciso, il quaderno e quelle poche parole mi erano bastate per impormi di doverla conoscere. Avevo una voglia matta di conoscerla.
Questo fu il motivo per il quale scommessi con un mio amico che mi ci sarei seduto vicino e avrei attaccato bottone: era solamente un escamotage per spronarmi. Ma ahimè, ero di nuovo in balia della mia incertezza. Così non feci niente per un bel po’ di tempo. Quello che mi fece prendere azione fu quando ad un certo punto si voltò e i nostri sguardi si incrociarono. Quanto mi piace incrociare gli sguardo, mi sembra di poter parlare senza le parole. Dopo poco, quindi, mi alzai e mi avvicinai al suo posto e con agitazione nascosta (credo) usai la prima frase facile e banale che in quel momento mi poteva uscire, fu un “Ti posso disturbare?”. Era occupata a scrivere e alla domanda si girò verso di me, la sua risposta affermativa mi trasmise subito un senso di contentezza.
Potevo darle un nome finalmente, Claudia e parlare con lei mi fu subito semplice e naturale, soprattutto molto piacevole. Non voglio soffermarmi dettagliatamente sulla nostra conversazione, poiché parlammo tanto e di tanti argomenti, anche se fu uno dei miei viaggi in bus più corti della mia vita. Ricordo bene che mi fece subito piacere, quasi felice il fatto che ,durante il tragitto a piedi, lei mi abbia notato e mi avrebbe voluto salutarmi, dirmi un “ciao”, per farci quel pezzo di strada insieme, anche se poi non l’ha fatto per chissà quale analogo timore. Dovevo scendere, alla fine mi chiese un contatto e internet si rivelava sempre una grande invenzione.
Nonostante la piccola invadenza degli amici, dopo esserci salutati ero soddisfatto, ma anche un po’ dispiaciuto. Soddisfatto perché le mie sensazioni avevano avuto ragione. Quella piccola, ma ricca conversazione bastava per rendermi conto che avevo conosciuto una bella persona e questo mi impreziosiva. Ma soprattutto ero sorpreso dal fatto di sentirmi sorridente, gioiosi, ma sì felice. Mi sentivo un condottiero vittorioso (di chissà quale grandioso gesto, ma non me ne importava). Ripensavo a ciò che era successo, Claudia era riuscita condividere quel poco che mi aveva davvero colpito, mi aveva messo in moto.
A quell’incontro ci penso ogni tanto, mi fa sorridere.

(…)

Alzare la testa

venerdì, agosto 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 00:44

Mi piace guardare il cielo e ciò che lo riempie: le nuvole, le stelle, il sole e la luna. Pensare chi, in quello stesso momento, li stia guardando insieme a me da un'altra angolazione. Così, ho l'abitudine di alzare la testa nei posti più remoti e casuali.

E chiedersi "Chissà".

Chissà cosa pensa, cosa fa, cosa sta riempiendo l'attimo di una determinata persona. Cosa può significare adesso quel presente.
Certe volte sarebbe magnifico esserne a conoscenza, ma quasi sempre si ritorna a quel banale Chissà.

Ballata Folle

Pubblicato da Dan Angelo alle 00:35


Cerco sempre parole su cui ballare
Non faccio niente di speciale
Mi piace raccontare a me stesso
Le sfumature che osserva il mio senso

Così plagio quelle pagine bianche sempre così affascinanti
Linee rette da colpire e riempire
Sprazzi di vita lucenti
Racchiudendo chissà qual mistero da celare

Spieghi le braccia come ali
Chiudi gli occhi e basta poco per sentirsi volare
Con il vento che ti parla tra i capelli
Sei tu e la voglia di vivere tra i denti

Riaprire un attimo la vista basta per incrociare uno sguardo
Magari di un altro passante come te
E può esser che lui sia speciale
Con una sua storia da adorare
E uno stesso vento con cui giocare

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Viaggi di cui non vorresti mai veder la fine
Il sorriso di un incontro cercato
E la penna poggiata su quel foglio
Sempre pronta per una nuova storia di cui raccontarmi

Far l'equilibrista sulle strisce

Pubblicato da Dan Angelo alle 00:34


Strade asfaltate nel sole cocente
tra allegre nuvole danzanti.
Pesi in spalle e vento urlante.
Il cammino e la via davanti
a se era l'unica direzione.
Inseguire il viaggio era l'unica occasione.

Mare veloce di rocce scoscese
Onde di verde
Pianure di azzurro
Equilibrio precario di un sorriso di libertà

Sguardi sfuggenti di pensieri sfiorati.
Chiudere gli occhi e vedere posti mai trovati.