Girare la maniglia

sabato, ottobre 02, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 01:52

Eccola, entrava. Quasi a punta di piedi, il suo passo era silenzioso e cauto. Era stranamente buio in quella stanza e l’aria era acuta e gelata, sapeva d’autunno. Lei, si notava subito, aveva modi gentili poiché si notava da come si era piano piano insinuata senza rumore in mezzo alla camera e aveva posato delicatamente i suoi pennelli. Cominciò a guardarsi attorno, non vedeva granché, intravedeva un letto disfatto con le lenzuola a terra, particolari mobili impolverati in legno e strani quadri sulle pareti che rappresentavano strane storie, tutto ciò illuminato dalla tenue finestra che permetteva a uno spiraglio di luce di dare un tenue alone di blu. Con lo stesso dolce muoversi, senza essere invadete, la ragazza si avvicinò la finestra e con un piccolo cigolio volle riconsegnare tutto ciò al sole.
Fu luce.
Si voltò e le comparve una strana camera, con il sopracciglio alzato cominciò a curiosare in giro un po’ perplessa dallo strato di polvere e un po’ incuriosita dagli strani oggetti. Cominciò a soffiare. Ogni cosa prendesse in mano, dalle migliaia di pagine strappate sparse qua e là che riprendevano biancore, a quelle due scrivanie e mobiletti, lei ci soffiava sopra così venivano liberate dalle lenzuola di polvere che cominciarono a fluttuare. Lei ogni volta starnutiva, si stropicciava il naso e cominciava a ripulire tutto. Ogni quadro, ogni lettere, ogni strano ornamento di quella stanza lei puliva, starnutiva e cominciava a osservarla stranita, affascinata come da un oggetto di studio. Scorreva il dito sullo strato di polvere e se lo guardava strusciando il dito e il pollice per ridare quel tempo al vento.
La stanza era bianca.
Ma finalmente pulita. Si era riseduta in mezzo, anzi stavolta ci si era proprio sdraiata e chiuse gli occhi, cominciò ad ascoltare la stanza. Avvertiva che era particolare, non era proprio qualcosa di comune. Sistemò in ordine anche il letto e ci si sedette sopra. Era morbido, anche se il cuscino sembrava freddo quasi bagnato. Poi incrociò lo sguardo con i suoi pennelli a terra: quella stanza era ormai un po’ sua.
Cominciò a colorare.