Vento

venerdì, gennaio 29, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 06:25
 



Se la vedi dille ciao
salutala ovunque sia
se ne è andata tempo fa
potrebbe essere in Tunisia
Dille che non si preoccupi
per le cose lasciate qui
e se crede che l'abbia scordata
non dirle che non è così
Abbiam dovuto dividerci
e sbatterci qua e là
ma per quelli che si amano
non è certo una novità
E adesso che se ne andata
e adesso che non c'è
è ancora nel mio cuore
è ancora vicino a me
Se mai la incontrerai
dalle un bacio da parte mia
ho sempre avuto rispetto per lei
per come se ne è andata via
E se c'e un altro che le sta accanto
certamente non sarò io
a mettermi fra di loro
ci scommetto che non sarò io
Faccio un lavoro strano
vedo gente in quantità
e mi capita ogni tanto di sentire il suo nome
in giro per le città
E non c'ho fatto ancora l'abitudine
o forse mai ce la farò
sarà che sono troppo sensibile
o nella testa chissa che c'ho

Sole grande, luna blu
il passato e ancora quà
e so a memoria i ricordi
e il tempo prende velocità
Se tornasse da queste parti
il mio indirizzo la gente lo sa
tu dille che può chiamarmi
se trova il tempo mi troverà.

Ho voluto mettere questa cover di De Gregori della canzone "if you see her say hello" di Bob Dylan, così perchè mi andava, così per qualcuno che legge questo blog. Credo che comprendi quello che scrivo, quello che magari hai letto in precedenza. E lo so, non ti biasimo. Lo so che esistono persone da cui, una volta conosciute, non ti vuoi staccare... Vorresti essergli sempre vicino, non importa come, se come amico, come ragazzo, come compagno di giochi, come ammiratore, come allievo, come confidente, come trascorritempo, purché una parte di quest'anima ti sia svelata. E' per questo stesso motivo che non si può staccare gli occhi da una tale persona che colora, perché una bella anima è giusto che possa liberamente esprimersi. Ma quella anima non può essere incatenata dal sentimento, dall'egoismo e spesso l'amore, dovresti saperlo, è qualcosa di così altruista quanto è egoista. E a me personalmente, non piace l'egoismo. L'egoismo macchia l'amore. Basta rancore, buttiamolo via, lasciamolo andare nel vento come hai lasciato lei. E ammirala, ammirala come è cresciuta. Anche se so che "sarà che sono troppo sensibile o nella testa chissà che c'ho", quindi è un casino, un pò cercare di mordersi la coda. Ma lascia soffiare al vento, come direbbe De Andrè non puoi fermarlo, ma solo fargli perdere tempo.. comprendi.. perché una bella anima è giusto che possa liberamente esprimersi..

Passeggiare per i prati

lunedì, gennaio 25, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 06:02

     "The triangle tingles and the trumpet plays slow"

La piccola goccia di rugiada scivolava dolcemente sulla delicata superficie di una foglia. Cadde verso il basso posandosi sulla sconfinata distesa della stesso colore della speranza. Le oscure nubi finalmente erano state spazzate via dal liberatorio soffiare del vento. Ora il sole dominava quel luogo incantevole, attento contemplatore del paesaggio che si mostrava come un giocoso bambino davanti alle dolce carezze dei suoi raggi.

Tempo e spazio sembravano non far parte di quel mondo.

Due curiose figure si erano ritrovate soavemente distese sul soffice letto verde. Le affusolate nuvole bianche che si distendevano nell’infinità di quel cielo terso, limpido e sincero, galleggiavano assumendo la forma delle più strane immagini.

La fantasia riempiva l’aria.

Sorrisi spensierati accompagnavano la divina sinfonia che rieccheggiava all’unisono con il soave piegarsi dell’erba al vento. I fiori in festa indossavano i loro vestiti più belli, dipingendo di colori sgargianti quel quadro straordinario. D’un tratto denti di leone spargevano i loro semi che libravano nell’aria.

Irreale Pace.

Correvano in quella semplicità.

Un piccolo torrente azzurro come il cielo si divertiva a far risplendere l’intensa luminosità del sole. Tra quei giochi di luce lo scorrere delle sue acque produceva un languido suono, altro strumento di quell’incredibile orchestra.

Le due figure si sentivano sorprendentemente vicine. Una mano stringeva a sé l’altra. Completo abbandono.

πάντα ῥεῖ. Panta Rei.

Il tempo proseguiva inesorabilmente muto, in silenzio. Il sole andava a riposarsi bruciando il cielo di un rosso rovente. La luna, seguita dalle peregrine stelle, sussurrava una candida buona notte.

Il temporale era finito. Era una bella giornata.

Qualcosa che non resta

domenica, gennaio 24, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 09:30



Io sono la periferia di una città inesistente, la chiosa prolissa di un libro non scritto. Non sono nessuno, nessuno. Non so sentire, non so pensare, non so volere. Sono una figura di un romanzo ancora da scrivere, che passa aerea e sfaldata senza aver avuto una realtà, fra i sogni di chi non ha saputo completarmi.

Del resto in che cosa posso contare su di me? Un terribile acume delle sensazioni, e la profonda consapevolezza di stare sentendo... Un'intelligenza acuta per distruggermi, e un potere di sogno desideroso di distrarmi... Una volontà morta e una riflessione che la culla come un figlio vivo...

A volte

mercoledì, gennaio 20, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 13:09


A volte basta saper dire le cose giuste
A volte basta avere il coraggio di affrontare determinate situazioni
A volte non bisogna far altro che sperare che qualuno ti sia vicino
A volte non bisogna far altro che aspettare che proprio la persona a te più cara sia la prima ad accorgersi che qualcosa non va
Le cose che contano nella vita sono molte
Ma la cosa che conta di più è l'amore
E quando hai una persona che questo sentimento te lo riesce a trasmettere, allora va tutto bene
La vita diventa una meravigliosa avventura, la vita acquista un significato vero e proprio
La vita stessa vale la pena viverla e condividerla con chi ti rispetta veramente

... a volte bastano piccoli gesti a trasformare una persona in qualcosa di grande
A volte... sono più le piccole cose a fare la differenza...
Bastano le parole, basta sapersi intendere, capire...
Basta trovare un rapporto che ci faccia sentire fantastici per quel poco che siamo
Basta trovare una persona che sappia esaltare ogni nostro aspetto negativo
E trasformarlo in qualcosa di unico e speciale
A volte le situazioi diventano difficili da sostenere
E in questi casi non c'è soluzione migliore delle parole stesse

A volte si discute
Ma a questo serve un rapporto
A capirsi, e a risolvere i problemi che si creano all'interno di esso
A questo serve condividere la propria esperienza con una persona
Che relazione sarebbe se andasse sempre tutto alla perfezione?
Nessuno è perfetto, ognuno commette i propri errori ed è giusto così
Se ne discute
E si ritorna ad avere un rapporto ancora migliore di quanto lo si aveva in precedenza

A volte capita che ci si innamori della persona sbagliata
Ma a volte capita anche che ci si innamori della persona giusta per la propria vita
Quella persona che ti fa riflettere, quella che ti incoraggia, quella sempre disposta a tutto, quella che pur di farti stare bene sarebbe la prima a farsi del male
E se trovare la propria anima gemella è ormai diventata una fortuna enorme in questa società
Una società ricca di false parole, false promesse, ricca di tradimenti e di incomprensioni, ricca di persone spregevoli che godono al solo vedere star male le persone che illudono
Beh...
Al Mondo esistono persone buone e persone cattive
E quel mio riferimento alla "società" è un riferimento fatto appunto a queste cattive persone
Un riferimento alle persone che trattano male altre persone che, al contrario, meriterebbero solo il vero amore...

Sono uomo

martedì, gennaio 19, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 03:41


Scrissi questo testo a fine di quest'estate, dopo la rilettura di "Se questo è un uomo" di P. Levi, le parti in scrittura differente sono dirette citazioni dell'opera.

"Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere quest'offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati in fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga."
Dopo molto tempo ho riletto, “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Con altri occhi, con altra mente e con altra maturità. Il risultato è agghiacciante. Ognuno di noi, teoricamente, dovrebbe conoscere i campi di concentramento e cosa accadde in quei luoghi infernali, ma dopo aver letto l'opera di Levi comprendo che molti di noi(compreso me) non sa cosa accadeva davvero poco più di 60 anni fa. La distanza tra il vivere un libro e vivere la realtà e inequivocabile. La vera distruzione dell'uomo accadde lì, in tutta la sua totalità. Solamente involucri vuoti di persone che non pensavano più al domani o a se stessi, loro erano stai totalmente cancellati. Essere nudo nell'anima e svuotati al mondo, rubati del proprio essere; è qualcosa che disteso sul  letto posso solo lontanamente, ma molto lontanamente immaginare. E' tutto simbolo della incosciente e inutile distruzione fra uomini, in poche parole dello schifo più schifo che totale. E capisco cosa significare ricordare una tragedia così grande, capisco l'importanza del perché non si debba ripetere. Capire e non dire “tanto non ricapiterà mai più”, ma dire “cazzo, non deve ricapitare mai più”.
"Ho provato un'impressione di angoscia violenta entrando nel lager di Birkenau, che non avevo mai visto da prigioniero. Qui niente è cambiato: c'era fango, e c'è ancora fango, o polvere soffocante d'estate, le baracche sono rimaste com'erano, basse, sporche, di tavole sconnesse, col pavimento di terra battuta; non ci sono cuccette ma tavolacci di legno nudo, fino al soffitto. Qui niente è stato abbellito. Ero con una mia amica, Giuliana Tedeschi, superstite di Birkenau. Mi ha fatto vedere che su ogni tavolaccio di metri 1,80 per 2 dormivano fino a nove donne. Mi ha fatto notare che dalla finestrella si vedono le rovine del crematorio; a quel tempo, si vedeva la fiamma in cima alla ciminiera. Lei aveva chiesto alle anziane: “Che cosa è quel fuoco?”, e le avevano risposto: “Siamo noi che bruciamo”."
All'inizio non c'è ribrezzo, non c'è riluttanza. Per me all'inizio c'è stupore di tutto quell'altro mondo che son significato i lager. E non con occhio solo al passato, ma anche al presente. Purtroppo fascismo e nazismo, non sono morti. Ancora oggi moltitudine di persone sono ancora affascinate dai quei dannati miti totalitari. Quindi, ripeto, non si può dare per scontato che fenomeni storici come la Germania di Hitler non possano più accadere. Non spegniamo la mente, non dimentichiamo quello che è stato. Impariamo.
"I lager nazisti sono stati l'apice, il coronamento del fascismo in Europa, la sua manifestazione più mostruosa; ma il fascismo c'era prima di Hitler e Mussolini, ed è sopravvissuto, in forme palesi o mascherate, alla sconfitta della seconda guerra mondiale. In tutte le parti del mondo, là dove si comincia col negare le libertà fondamentali dell'uomo, e l'uguaglianza fra gli uomini, si va verso il sistema concentrazionario, ed è questa una strada su cui è difficile fermarsi."
Basta guardare oggi, e non serve guardare troppo lontano. Questo è preoccupante sotto molti punti di vista, quindi diventa fondamentale conoscere, sapere e appunto ricordare. Non lasciarsi trascinare da un sistema,che ci ipnotizza, ci benda gli occhi e ci automatizza. Leggere opere come “ Se questo è un uomo “, so qual'è l'importanza di creare una propria coscienza. Sfruttiamola al meglio. Rifletteteci.
"Il mondo in cui noi occidentali oggi viviamo presenta molti e gravissimi difetti e pericoli, ma rispetto al mondo di ieri gode di un gigantesco vantaggio tutti possono sapere subito tutto su tutto. L'informazione è oggi “il quarto potere”: almeno in teoria, il cronista e il giornalista hanno via libera dappertutto, nessuno può fermarli né allontanarli né farli tacere. E' tutto facile: se vuoi, senti la radio del tuo paese o di qualunque altro paese; vai in edicola e scegli il giornale che preferisci, italiano di qualunque tendenza, o americano, o sovietico, entro un vasto ventaglio di alternative; compri e leggi i libri che vuoi, senza pericolo di venire incriminato di “attività antiitaliane” o di tirarti in casa una perquisizione della polizia politica. Certo non è agevole sottrarsi a tutti i condizionamenti, ma si può almeno scegliere il condizionamento che si preferisce.
In uno stato autoritario non è così. La verità è una sola, proclamata dall'alto; i giornali sono tutti uguali, tutti ripetono questa stessa unica verità; così pure fanno le radiotrasmittenti, e non puoi ascoltare quelle degli altri parsi, perché in primo luogo, essendo questo un reato, rischi di finire in prigione; in secondo luogo, le trasmittenti del tuo paese emettono sulle lunghezze d'onda appropriate un segnale di disturbo che si sovrappone ai messaggi stranieri e ne impedisce l'ascolto. Quanto ai libri, vengono pubblicati e tradotti solo quelli graditi allo stato; gli altri, devi andarteli a cercare all'estero, e introdurli nel tuo paese a tuo rischio, perché sono considerati più pericolosi della droga e dell'esplosivo, e se te li trovano alla frontiera ti vengono sequestrati e tu vieni punito. Dei libri non graditi, o non più graditi, di epoche precedenti si fanno falò pubblici sulle piazze. Così era in Italia fra il 1924 e il 1945; così nella Germania nazionalsocialista; così è tuttora in molti paesi. In uno stato autoritario viene considerato lecito alterare la verità, riscrivere retrospettivamente la storia, distorcere le notizie, sopprimere di vere, aggiungerne di false: all'informazione si sostituisce la propaganda. Infatti, in tale paese tu non sei cittadino, detentore di diritti, bensì un suddito, e come tale sei debitore allo stato (e al dittatore) di lealtà fanatica e di obbedienza supina. E' chiaro che in queste condizioni diventa possibile cancellare frammenti anche grossi della realtà. Nell'Italia fascista riuscì abbastanza bene l'operazione di assassinare il deputato socialista Matteotti, e di mettere l'impresa a tacere dopo pochi mesi; Hitler, e il suo ministro Joseph Goebbels, si mostrarono di gran lunga superiori a Mussolini in quest'ora di controllo e di mascheramento della verità."
Vivo, perché sono uomo.
Lotto, perché voglio essere uomo.

Confusione Insonne

domenica, gennaio 17, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 05:26


E' strano, è sempre tutto così un minestrone. Citando uno, nessuno e centomila del buon vecchio Pirandello “Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile. “ E così quelle verità, quei sensi alla vita che ostentiamo di dare non la troviamo o perlomeno crediamo di averla trovata, ma poi cambia. Si può rimanere inerti a tutto ciò, continuamente dubbiosi e insicuri di mettere piede in un pozzo senza fondo. Tuttavia è necessario prendere il momento tra discese e salite e avere qualcosa su cui credere sul serio. Convinzioni che cambiano e mutano come un serpente. Ma saper vivere le proprie convinzioni le proprie verità, per quanto fallaci potrebbero essere. Anche queste parole sono una verità. La mia, oggi.

Sembra tutto così inafferrabile e incerto?
A volte si ha paura.

Paura della Paura.
Un'ombra che ti accompagna. Lieve come una piuma, pesante come soffocare. La paura ha mille facce. Alcune non ti piegano, altre ti costringono in ginocchio a chiedere pietà. La cerchi di evitare o semplicemente sfuggirle. Ma lei è sempre in agguato. Bestia feroce, chi la teme è preda, chi l'affronta deve essere prudente.

"Io sono un vigliacco, non mi regge il cuore
ho troppo da fare..... devo far crescere un fiore!"

eh?

..nel cercarsi è come se corressero via dalle pagine quelle parole,
l'essere assenza nella lontananza riprendendomi quello sguardo,
occhi che mancano al giorno quando è sera,
assenti alle carezze del vento sulle cose lasciate
su strade sconosciute.
..indulgenza del cielo a sussulti di parole...

Frammenti

venerdì, gennaio 15, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 22:18


Ecco, non si decide di smettere di amare una persona, diciamo che ce lo imponiamo.. il che è molto diverso. Dunque, all'inizio ti illuderai di esserci riuscito.. e la cosa andrà avanti per molto tempo. Finchè, un bel giorno, non si sa come e non si sa quando, qualcuno o qualcosa ti farà ritornare in mente quella persona che tu avrai con tanta foga cercato di allontanare dalla tua mente più che dal tuo cuore. Possono passare anche anni, avrai anche potuto avere le tue mille e una storia dopo di quella, ma la verità risiede (è vero) solo in fondo al cuore. Sta a noi decidere se avere il coraggio di ascoltarlo e di seguirlo, oppure no!
Ma ricorda, più uno si impone di smettere di amare o di dimenticare a forza una persona, più quella ti rimane stampata dentro. Buona Vita.

Non aver paura di soffrire

Pubblicato da Dan Angelo alle 01:21



Nella notte ti ritrovi con una penna in mano
ti chiedi se qualcosa in te è ancora sano
trasmetti sulla carta i tuoi sentimenti
le confessi le tue emozioni o forse i tuoi tanti tormenti
le linee che tracci mostrano te stesso
forse per lo più il mondo di un ragazzo perplesso
osservi da lontano tanta gente stereotipata
sentendoti il solo a prendere la solita inculata
attraversi momenti duri ma non mollare
sono questi che ti danno la forza per mandare a cagare
chi dall'alto ti guarda e si sente superiore
tu non sei li a subire per farti dire che sei il peggiore
la vita picchia tanto vuol vederti steso
ma questa dovrà sorprendersi vedermi rialzarmi illeso
esser forti pronti a combattere soli come un eremita
sappi che i tuoi veri amici li conti sulle dita
è come sentire la propria anima che si immola
ma tu combatti perchè la vita è una sola
alla fine non avrai solo pene
consapevole di lottare deciso a difendere davvero chi ti vuol bene
costruisci i tuoi ricordi da non dimenticare
perchè nella vita bisogna anche saper soprattutto amare.

Concerto/i dei Modena City Ramblers

giovedì, gennaio 14, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 02:11


Scrissi questo pezzo dopo il concerto dei Modena del 25 Luglio all'Ippodromo delle Capannelle, ma credo sia un discorso esteso anche ai restanti concerti, soprattutto all'ultimo del 16 Dicembre al Circolo degli artisti.


L’ultima nota era finita. Ed ora il tempo degli applausi, dei fischi in segno di ammirazione e degli inchini. I Modena city ramblers dopo la loro esibizione, ricevevano i giusti apprezzamenti.
La folla era festante, stanca ma felice... dispiaciuti che fosse finito il concerto ma ricchi di nuove emozioni ed esperienze. Io ero lì tra di loro, applaudivo anch’io. Sempre segnato dalle loro parole e dalla loro musica. Per un attimo volsi lo sguardo dall’euforia del palco all’euforia della gente che mi circondava. Mi strapparono un sorriso.
Sorrisi, perché notai come parole che volavano nell’abbraccio delle note posso unire le tu e me, me e lui, lui e gli altri. Tutte le possibili barriere non c’erano. Vedevo un unico applauso di gratitudine di chi quella sera aveva ricevuto in dono qualcosa da condividere insieme. Ma la cosa che mi colpii maggiormente fu scrutare gli sguardi. Mi stupii. Mi stupii meravigliato di vedere accanto a me lo sguardo di un ragazzo con gli occhi quasi incantati, illuminati da una luce nascosta, sfavillante. Occhi ricchi di sensazioni forti di ammirazione. La bellezza di tutto ciò mi strappo un altro sorriso. Tornai ad applaudire. Ringraziando chi ci regala parole, ideali, pensieri ed emozioni attraverso la musica. Grazie Modena.



(Contessa live dal concerto del 16 Dicembre 2009 al Circolo degli Artisti)

La caccola

mercoledì, gennaio 13, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 04:14


Oh guardati, tu piccola caccola.
Tu che nasci da un naso grande, piccolo o solo all'insù.

Piccola creatura che ti nascondi in narici buie e oscure,
sei sempre cercata da forti starnuti o anche da mignoli dalle sembianze più pure.

Tu che puoi togliere il respiro,
puoi essere lo scherzo di un amico che urla "guarda che ti tiro!"

Puoi vagare per il mondo con un solo ecciù..
eppure a volte vali anche qualcosa di più..

Inerzia

martedì, gennaio 12, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 14:41

Era una frizzante giornata d'inverno e la luce del sole entrava fastosa all'interno della stanza. L'impolverata libreria, il perplesso quadro, il caotico comodino, il letto disfatto, e la stessa meditante scrivania in cui era seduto il ragazzo, erano vivi di quella luminosità. Quel cupo personaggio alzò la mano facendo sfilare tra le dita quel fascio lucente, proiettando il suo movimento sul ruvido parquet marrone come la corteccia di un albero secolare. Il lento sbattere delle palpebre spezzava lo sguardo che contemplava lo scenario esterno. Il vento vagava attraverso i rami spogli degli alberi addormentati dalla lenta ninna nanna dell'inverno.
L'immobilità regnava incontrastata.
Le fredde acque discendevano il letto del fiume che avrebbero percorso senza farvi più ritorno. Raggiungeranno il mare.
Le silenziose case aprivano timidamente gli occhi davanti al tiepido calore del sole. L'austero orologio appeso alla parete era il solo che faceva muovere ritmicamente le spietate lancette.
Due labbra si serravano, penetranti occhi spenti puntavano la vista su oggetti, fogli, parole, ricordi. La mano prese la penna stanca sul tavolo tracciando fioche linee sulla carta stropicciata. Appariva come un regolare movimento circolare di un'abitudinale azione.
Un cerchio che ha perso il suo centro.
All'improvviso la mano lasciò la penna facendola rotolare sulla scrivania.
Accese una sigaretta. Aspettava la primavera.

Con gli occhi di un immigrato

lunedì, gennaio 11, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 04:50



Incredulo sono venuto qui per vivere e magari trovare qualcosa da mangiare, il diavolo della fame bussa forte sulla porta infernale del mio stomaco. E così presi le mie due cose e m'imbarcai con pochi documenti, speranze tante. E come aggrappato ad un burrone, arrivai al "belpaese". L'Italia.

"Navigammo su fragili vascelli
per affrontar del mondo la burrasca
ed avevamo gli occhi troppo belli:
che la pietà non vi rimanga in tasca."

Quanta vita doveva arrivare, quanta vita mi aspettavo. L'Italia era per me un paese di civiltà moderna, di lunghe strade, di scienza, di artisti e di infiniti orizzonti. Un mondo di possibilità tutte da cogliere ed ero pronto ad affrontare tutto per guadagnarmi quello che per me tanto desideravo.

Mi sbagliavo.

Quanta morte doveva arrivare, quanta morte mi aspettava. Arrivato, la mia immaginazione venne uccisa all'istante, quello che mi parve davanti era un luogo dimenticato da Dio. La prima notte dovetti dormire al gelo addosso a una serranda di un negozio, e la mattina seguente non ci volle una sveglia per farmi alzare, ma il proprietario con il viso rosso, che anche se urlava parole incomprensibili per me, gli bastò darmi due calci per farmi scattare come un cane bastonato. E così, dannato quel giorno, arrivai in quel luogo infernale. Appena sceso lì, notai subito che c'erano tanti miei fratelli della stessa pelle e fui sul momento felice, perchè ci stavano dando un lavoro, misero, ma diamine era un lavoro! Ma anche allora, non capii che quel giorno mi misero una palla al piede.

"Uomini cui pietà non convien sempre
male accettando il destino comune,
andate, nelle sere di novembre,
a spiar delle stelle al fioco lume,
la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,
muover le tombe e metterle vicine
come fossero tessere giganti
di un domino che non avrà mai fine."

Mi dissero che mi stavano dando anche un alloggio, che bellezza! Addio fredde notti al gelo, addio bastonate da padroni imbufaliti, addio vagabondaggio! Ma alla vista della mia nuova dimora, impallidii. Una fabbrica a cielo aperto, fuochi accesi un pò ovunque e miriadi di animali vestite da persone che si facevano spazio tra gli angoli di quell'inferno in terra. Ecco la casa che mi avrebbe ospitato, eccomi il nuovo animale ero io.

Stavano morendo, i miei sogni sanguinavano di ferita mortale. E con loro, io.

Tuttavia, lavorai. Ore e ore per i campi, davo tutto me stesso: anche li credevo, credevo che il mio sforzo sarebbe stato ripagato e i  miei compagni mi davano dello stolto, senza che io capissi. Sudore e fatica. Sacrificio e sangue. E la sera, i miei vicini di cuccia mi dissero di non uscire la notte, perchè c'erano bande di ragazzini bianchi armate di spranghe, pronte a colpire il povero immigrato di colore che si sarebbe avventurato dopo le sette di sera.

Niente mi logorò come il vivere lì. E vivere è una parola troppo grossa per chi cerca di sopravvivere ogni giorno.
Ridurmi in questo stato era la loro proclamata libertà? Ma non ci sono diritti, leggi e uguaglianza? E' questa la libertà di un uomo che ha lo stesso sangue di un italiano?
Volata via, insieme al vento volata via.

"Giudici eletti, uomini di legge
noi che danziam nei vostri sogni ancora
siamo l'umano desolato gregge
di chi morì con il nodo alla gola. "

E così i miei sogni morirono. E morii anche io, strisciando morii. Non è vita questa, non lo è.
Sono morto da vivo.

"Uomini, poiché all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia
gioir nei prati o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finché non sia maturo per la falce."

Ma io ero venuto a cercare la vita. Il nostro silenzio, la nostra passiva obbiedienza al nostro giornaliero omicidio doveva finire. La rabbia cresceva tra di noi, quanta sofferenza dovevamo ancora patire. Basta.  Basta allo sfruttamento, basta all'odio, basta al razzismo. BASTA! Dentro di me saliva un fuoco nuovo, un fuoco di quella voglia di vivere che non poteva sparire così, il fuoco dei miei sogni uccisi, il fuoco della mia libertà! Sentimmo, allora, la necessità di fare qualcosa, di farci sentire, di farci sentire come persone e uomini uguali a tutti gli altri.

Cosa facciamo?
Alziamo il Pugno.

Ed eccoci, vermi striscianti che hanno deciso di rimettersi in piedi. Eravamo bestie, ora ci stavamo rialzando da uomini. Allora urliamo per le strade, urlate fratelli! Urlate all'Italia e al mondo cosa significa sopportare tutto questo. Urliamo insieme cosa significano rispetto, diritti e libertà! Così marciammo sulle strade, una nuova forza in noi ci spingeva e sapevamo che agivamo per il Bene. E volevamo risposte, certezze e un futuro.  Ma d'un tratto sentimmo sirene, manette, manganelli e spari. Caos e fumo. Lacrime e altro sangue. Non sono queste le risposte che vogliamo, ci vogliono fermare con nuova repressione, nuovo odio. E' sbagliato! E' sbagliato! E' Sbagliato!
E allora mi guardai attorno: vidi le barricate davanti a noi e vidi gli occhi dei compagni attorno a me.
Piangevo. Ma non chinai il capo, tenevo lo sguardo alto.

Loro sono il silenzio e ce lo impogno. Noi allora.. Alziamo il Pugno.



(Citazioni: Corale (leggenda del re infelice), Fabrizio De Andrè)

Non c'è qualcosa di più egoista dell'amore?

domenica, gennaio 10, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 14:23


Amare una persona è...

Averla senza possederla.
Dare il meglio di sè
senza pensare di ricevere.
Voler stare spesso con lei,
ma senza essere mossi dal bisogno
di alleviare la propria solitudine.
Temere di perderla,
ma senza essere gelosi.
Aver bisogno di lei ma senza dipendere.
Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.
Essere legati a lei,
pur essendo liberi.
Essere tutt'uno con lei,
pur essendo se stessi.
Ma per riuscire in tutto ciò
la cosa più importante da fare è...
accettarla così com'è,
senza pretendere che sia come si vorrebbe.

Eppure..

Ne vale la pena?

Pubblicato da Dan Angelo alle 09:00


"Io sono come tutti gli altri: vedo il mondo come vorrei che andasse, e non come va veramente."

Si è così. E arriva il momento in cui ci scontriamo con la realtà, e non è la realtà come la immaginiamo, ma spesso e volentieri è peggio. E ci meravigliamo, rabbrividiamo, ci schifiamo. Ci deludiamo. Basta alzare gli occhi, o semplicemente aprire un giornale, guardare la TV o semplicemente tramite internet e notare come ogni giorno ci bombardano con un interminabile necrologio. E vediamo omicidi, rapine, truffe, guerre. Sembrano fatti così lontani, ma poi ci giriamo e le vedi presenti nella società nella quale vivi. Tu sei una persona con ideali forti, ai quali credi fortemente e che secondo te sono giusti. E ad un tratto ti guardi attorno e ti rendi conto che per quanto siano giusti e forti le cose in cui credi, c'è ignoranza, c'è menefreghismo, non c'è più interesse se non peggio. Noti un mondo “moderno” sconvolto e provi un dannatissimo disagio derivato dalla carenza di valori in una società che cominci a detestare sempre più. E di conseguenza rimani allibito come i tuoi valori morali sembrano evaporare come neve al sole. E ti arrabbi, e ti incazzi, perché arrivi alla consapevolezza che va tutto uno schifo, che non deve andare così, ma soprattutto perché la stragrande maggioranza delle persone non la pensa come te, anzi non pensa proprio. E ti blocchi. Perso. Incazzato. Perché questa è la nostra realtà. E ti chiedi, ma per cosa, ma per chi dai tanta importanza alle tue idee e perché lo fai. E allora stai sbagliando? Ti senti così stravolto, da arrenderti? Eh no. Hai visto lo schifo. Stringi i pugni e tieni duro. Bene conosci la realtà dei fatti, e la accetti benissimo com'è. Ma ora la cambi. E non arrabbiandoti, e non imponendoti perché sei cosciente della correttezza delle cose in cui credi. Semplicemente, hai delle persone davanti a te che devi aiutarle a informarsi, a pensare e a comprendere. Non sei superiore perchè hai un pensiero più elaborato e forte, spesso il problema non è sempre loro, ma perché non gli è stato mai permesso o non sono mai stati stimolati ad avere un certo pensiero. E allora li coinvolgi te in prima persona, sai che ti dovrai sbracciare di più per loro, ma sai che lo fai soprattutto per te stesso. Ed è stupido dire che è difficile. Tutto è difficile. Ma nulla è scontato. Così ci si mette più impegno. Vuoi trasmettere e far comprendere le tue idee, e allora le ripeterai fino allo sfinimento finché ci sarà qualcuno disposto a sentire. Forse sei un po idealista, un po utopico. Ma finché hai i concetti giusti in cui credi davvero, puoi fare davvero tante cose. E sarai parte della più piccola minoranza ma se vedi qualcuno che ti fa delle domande, vuole sapere, vuole capire, vuole pensare, altro che tutto da buttare all'aria. Niente ti fa più paura della verità, ma allora non c'è altra cosa di maggior valore nell'affrontarla e volerla cambiare. Ne vale la pena?


Dovresti sapere la risposta, non credi?

Chiunque tu sia

sabato, gennaio 09, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 09:00


Guardami!
Entra nel mio mondo, nella mia anima.
Non essere superficiale, non fermarti davanti alle apparenze.
Cerca di conoscermi, ama le mie debolezze ed esalta le mie doti.
Critica il mio modo di essere e di fare, ma non cercare di cambiarmi.
Dedicami il tuo tempo.
Fammi sentire importante, fammi capire quanto io sia importante per te.
Non lasciarti intimorire, sfidami a tirare fuori il meglio di me e di te.
Vivi le mie emozioni.
Vivi le tue emozioni.

Poco, ma tanto

venerdì, gennaio 08, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 10:00


Correre e andare verso dei sogni, in quella foresta verde voci spensierate si perdevano tra il cantare degli uccelli. Sogni, sogni.. ma sapevano cosa erano i sogni?
Io li ho visti. Si, quei piccoli bambini che sorridevano. Ma non sorridevano per il giocattolo nuovo, o per il nuovo regalino che ha portato papà. Sorridevano alla Vita. In questi luoghi non ci sono macchine, vestiti o personaggi famosi. Qui puoi incontrare i signori toppe e buchi, ma colei che prende per mano tutti è la signora fame.
La i sogni potevano esistere?
Io ho visto. Ho visto piccole mani sporche dover portare pesanti secchi di acqua potabile, perchè l'acqua a casa non c'è. Ho visto piccole mani sporche prendere una matita colorata e stringerla come il tesoro più grande. Ho visto piccole mani sporche portare grandi animali verso distese immense. Ho visto piccole mani sporche tenere con curiosità un libro. Ho visto piccole mani sporche cucinare, pulire, lavorare. Ho visto piccole mani sporche sudare come quelle dei grandi.
Ho visto piccole mani sporche tenere le mie.
Ho visto grandi occhi che mi chiedevano com'era il mondo.
Ma come potevo spiegare com'era il mondo?
Il mio era davvero ciò che si poteva chiamare mondo?
Il mio mondo dove tutto era scontato. Il mondo delle mille possibilità. Il mondo dove una matita è solo una matita. Il mondo che guarda dall'alto in basso chi portava le toppe. Il mondo che tra le sue luci si ritiene superiore, avanzato.
Che razza di mondo è?
Anche li ho visto, ho guardato. Ho visto mani pulite sprecare acqua. Ho visto mani pulite gettare annoiate una matita. Ho visto mani pulite. Ho visto mani pulite uccidere. Ho visto mani pulite rubare. Ho visto mani pulite superbe.
Ho visto occhi spenti e tristi. Avevano tutto, ma in realtà avevano niente.
Il mio mondo non era il mio mondo.
Nel mio mondo non doveva esistere la povertà.
Nel mio mondo tengo strette altre mani. Non erano pulite. Non erano sporche. Erano Tutte Uguali.

Silenzio

giovedì, gennaio 07, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 10:00



Gli attori si sono esibiti.
Lo spettacolo è concluso.
Il pubblico attento sui propri posti.
Un'inchino.
Applausi.
Il sipario è calato.
Gli applausi non rieccheggiano più.
Voci.
Apprezzamenti.
Disprezzamenti.
Pareri.
Scarpe inseguono l'insegna "uscita".
La platea è vuota.
Le luci si spengono.
Tutto torna fermo. Immobile.
Una persona è rimasta in prima fila.
Fissa il palco.
Lo spettacolo è sospeso.
Lo spettacolo non è finito.
Lo spettacolo è finito.
Il sipario non si riapre.
Rimane Seduto.
Silenzio.

Il vento soffia.
Accarezza il viso.
Le sue braccia cantano di posti e persone lontane.
Domanda.
Cosa Stiamo Facendo?
Dove Vogliamo Arrivare?
Destinazione non c'è.

Abbassa lo sguardo.
Consapevole.
Guarda i suoi piedi.
Non Piange più.
Non Ride Più.
Indossa una maschera.
Nasconde il suo vero viso.
Non ha più la penna.
Non la vuole.
Si immerge definitivamente nel suo Silenzio.
Affoga.

affoga.
alza gli occhi.
vede una farfalla.
e il suo volo fragile e spezzato.
non può far altro che amarla.
amare la semplicità della vita.
si alza.
apre la finestra.
vento e sole.
la penna non serve più.
basta la sua anima.

No.
Gli spettacoli sono finiti.
Almeno per un po di tempo
Un tempo indefinito.
Seduto.
Solo ombre.
Niente di più.
Pensa.
Vede solo Inchini.
Poca Catarsi.
Fine della Pathos.
Hybris?
E la sempre presente Nemesis.
Lascia la penna.
Vuole solo il Silenzio.
Fa male anch'esso.
Prima dell'ennesimo dannato inchino.
Prima che dovrà tornare a scrivere.
Scrivere il finale di un altro libro della sua Tragedia.

ma il tragediografo è lieto.
perchè la tragedia non è "nient'altro che sconfitta".
è pathei mathos:
imparo attraverso la sofferenza.
consapevole di questo prende la penna.
è vero: vuole solo il silenzio.
è vero: fa male.
ma l'ennesimo inchino non è dannato.
l'ennesimo inchino è katarsis.
liberazione.
scrive.
ride.

capisce.
si alza.
esce.
e si complimenta con gli attori che gli hanno regalato qualcosa di bello.
va a casa un pò deluso:
insomma, lo spettacolo è durato fin troppo poco.
ma l'indomani vive la sua vita, bene.
solo raramente gli riverranno in mente alcune scene, alcune battute.
e le riutilizzerà con serenità per lo spettacolo della vita.

Avrei voluto dire.. ma nn l'ho fatto.

Pubblicato da Dan Angelo alle 03:06


Avrei voluto dire un'infinità di cose seduto davanti ad azzurre onde ascoltando il rumore del mare
Avrei voluto dire un Ti Amo
Avrei voluto dire che non tutto può essere solo un sogno
Avrei voluto dire cio che non sono mai riuscito a esprimere
Avrei voluto dire "svegliati" il mondo non sta li ad aspettarti
Avrei voluto dire Scusa
Avrei voluto dire sempre ciò che penso
Avrei voluto dire che sarei capace di scalare una montagna a mani nude
Avrei voluto dire Ho Paura
Avrei voluto dire che in realtà non e' cosi
Avrei voluto dire un Ti Voglio Bene
Avrei voluto dire Non Dimentico
Avrei voluto dire un Ti Odio
Avrei voluto dire perchè tutti questi pensieri vengono solo scritti qui
Avrei voluto dire queste e tante altre cose... ma avrei solo disturbato il mare...

Dialogo di un viaggiatore e un passante.

mercoledì, gennaio 06, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 10:00


Gocce di pioggia.

Il viaggiatore si era inspiegabilmente fermato, aveva trovato un piccolo riparo sotto un cornicione, e lì interrotto il suo viaggio. Immobile osservava quelle spietate molecole d’acqua che picchiavano incessantemente il suolo, penetrandolo. Nelle sue avventure aveva già affrontato bufere e tempeste, ma stavolta si era fermato. Aprì il palmo della mano, sentì una goccia. Era fredda. Gelida.

Abbassò la testa, era confuso. Disperato.

Le persone intanto correvano avanti e indietro per sfuggire anche loro dalla pioggia, figure spente sparivano dentro case ed edifici senza lasciar traccia del loro passaggio. Così era rimasta la strada. E la pioggia.
Mentre appariva tutto cosi vuoto, il viaggiatore notò uno strano personaggio che camminava lento, ma sicuro sotto quella pioggia. Sembrava che per lui la pioggia non ci fosse, andava dritto per la sua strada. Il passante voltò lo sguardo verso di lui, in quell’attimo successe. Il loro sguardo si era incrociato.
Quella figura si fermò e con stesso passo si eresse davanti a lui.
L’immagine tanto forte e imponente di tale creatura, si rivelò il dolce sguardo di una giovane fanciulla. Lei lo guardò negli occhi e gli mostrò un candido sorriso.
Come se parlasse sussurrando, disse: “E’ una bella giornata oggi, non crede?”
Il viaggiatore impreparato a tale domanda, quasi balbettando rispose: “ehm.. ma… piove.. mm.. non vede?”
La ragazza come guardandolo con comprensione continuava a sorridere con lo sguardo: “ Si, lo vedo. E allora?”
“Allora non è un bel tempo..”
“E’ un brutto tempo? Forse perché lei vuole vedere brutto tempo, ma mi dica.. Lei cosa fa nella vita?”
“Viaggio. Osservo il mondo. Lo contemplo.”
“E perché se ne sta fermo?”
“Ho le scarpe pesanti.. Mi sento stanco. Ora mi sembra tutto cosi brutto..”
“Ti sembra, ma non deve essere necessariamente così. Apri bene gli occhi guarda bene.” Indicò il cielo. “Cosa vedi?”
Egli alzò lo sguardo cercando di vedere qualcosa. “Vedo soltanto nuvole. Nuvole scure.”
“Ne sei certo? Sono quelle nuvole che ti impediscono il cammino? Che prendono tutta la tua energia?"
Il viaggiatore riabbassò lo sguardo “No, non credo.. non lo so..”

La fanciulla allora, accarezzò il suo viso e gli fece riosservare il cielo. “Ma non vedi che il cielo in cui viaggi è sempre lo stesso ? Non vedi le straordinarie cose che ti accadono ogni giorno. Questa fredda e gelida pioggia disseterà piante, animali.. sarà vita. E te che non vuoi più viaggiare, non ripensi alle incredibili cose che ti sono successe, che non avresti mai pensato sarebbero accadute? Non fermarti, vivi. Ci sono tante emozioni, momenti che dovrai tenere stretto, per viverne altri e altri ancora.”

E cosi apparve. Il sole. Luce.

“Ora ti chiederai se ne vale la pena. Si ne vale la pena. Avrai visto distese verdi e isole, non è stato meraviglioso? Non te ne accorgi allora, delle cose stupende che ti accadono? Hai ancora mari e montagne da raggiungere, guardare e raccontare, trasmettere agli altri. Non fermarti. Prendi ciò che ti serve e vai per la tua strada. E non far piangere il tuo cuore la fuori. Fallo ridere di tutte le cose che ha fatto tesoro, sta facendo tesoro e farà tesoro. Immensamente Preziosi… Come Polvere di stelle.”

Il viaggiatore ebbe un sussulto. La luce del sole lo accecò. Vide i suoi viaggi. I suoi prati. Le sue isole. Stropicciò gli occhi. La fanciulla si era dissolta come neve al sole.

Lui…

Viaggiava.

Fugace

Pubblicato da Dan Angelo alle 05:00


Tu come vento.

L'aria, è come prenderla per mano.
Giocare a nascondino in un labirinto,
seguire il rintocco di un eco lontano
nel folle spazio di un mondo finto.

Colpi e Fuggi.

Discorsi che fluttuano intorno invano,
tra persone che ridono nella mia testa.
Io un filo di Arianna tengo in mano,
passato sulle orme di  una strana festa.

Non fare dell'ombra il tuo viso.
Ti inseguo,
mi hai colpito.

Per questa pagina bianca serve la tua presenza,
porto io l'inchiostro.
Quello mi avanza.

Cicli di lavaggio

Pubblicato da Dan Angelo alle 03:08


Cito un pezzo tratto da "Il Piacere di soffrire" di Alain de Bottom.
< Un'ora dopo, a letto, Alice pensava amaramente a come lei fosse frammentata in una sconcertante gamma di sentimenti, simile a una serie di canali TV che un demonio petulante continuasse a cambiare con un telecomando.

  • Sul primo canale: era fiduciosa, contenta del proprio corpo, creativa, curiosa, divertente e a proprio agio con gli altri.
  • Sul secondo canale: si sentiva oppressa da un mucchio di paura non ben specificate che la lasciavano lì a rosichiarsi le unghie, svuotata d'energia echiusa con gli altri.
  • Sul terzo canale: uno stato fisico in cui il suo corpo era come un grumo di "porridge grigio e freddo".
  • Sul quarto canale: nel giardino del vicino l'erba era più verde e la sua vita era chiaramente peggiore di quella di quasi tutti quelli che conosceva.

Quando pensava a "trovare se stessa" più di ogni altra cosa intendeva trovare una se stessa, un canale che potesse offrirle un briciolo di stabilità e di riposo, e porre fine a quell'infernale asciugabiancheria. >


Tutti cerchiamo la stabilità e la tranquillità in noi stessi, ma spesso e volentieri siamo come Alice, una lista di canali di emozioni e di pensieri nei quali la nostra testa si diverte a fare zapping. Siamo felici, siamo infelici, siamo ottimisti, siamo pessimisti. Cosa siamo? Ci sono momenti in cui siamo come uno specchio rotto in tutti i suoi frammenti e ricomporci è un'impresa ardua. Siamo tanti pezzettini di un unico puzzle e il difficile è tenerli tutti insieme, per non lasciare quegli spazi vuoti e chiederci con che tipo di pezzo riempirci. Ma ci vuole tempo, molto tempo. C'è chi non smette mai di giocare con il puzzle di se stesso. Molti, direi.
"Ma se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe".
E cerchi di tornare intero per il prossimo ciclo di lavaggio.

Perso

lunedì, gennaio 04, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 21:31


Attraversa il corpo, è forte, è intenso. Non ha forma, si muove lentamente dentro te, corre su per la schiena, scende giu per la gola, si diverte a sfiorare dolcemente il cuore. Si diverte a solleticarlo, farlo battere forte. Sempre più forte. Ti avvolge e tu li, impotente, lo accogli fino a tremare. Tremi. Vivi. Chiudi gli occhi. Galleggi. Nuoti nell'aria.
-Che hai fatto?-
-Mi han trasmesso un brivido.. stanno diventanto tanti.. troppi.. da poter non farne più a meno.-

Fottetevi

Pubblicato da Dan Angelo alle 16:00


Complesso. Ma semplice. Uno scorrere di frammenti, elementi, pensieri. L'infinita lotta di contrari senza fine e dover comprendere e capire cosa è meglio cosa è giusto. Chi decide cosa è bene e cosa è giusto? Difficile domanda. Ma forse non è poi così difficile arrivare a tale conclusione. Spesso la risposta migliore è voler il bene degli altri, di chi ti sta a cuore. E spesso chi più e chi meno bisogna voler bene un po’ a tutti. Egoismi, desideri personali che non si conciliano con gli altri, fottetevi. Se per sentirsi bene bisogna essere generosi con se stessi, e non con gli altri, beh si fotta tutto. Fottiti. Si fottiti menefreghismo. Menefreghismo cosi affascinante, menefreghismo così facile, menefreghismo tu non fai parte di me. No, direi proprio di no. Il mio quadro non è fatto di solo il mio sorriso, se poi alzando lo sguardo vedo la tristezza che mi circonda. Io voglio vedere il sorriso di tutto ciò che ho attorno, e li capire finalmente che davanti a tale situazione non poter far altro che.. Sorridere. Il sorriso della tua mamma, il sorriso della tua ragazza, il sorriso del tuo migliore amico, il sorriso di un vecchietto seduto sulla panchina, il sorriso di un impiegato, il sorriso della prossima persona che incontrerai. Sì, la vita è fatta anche di incontri. E alcuni saranno molto speciali. Cosi speciali che diverranno parte e saranno più di un valido motivo per fare in modo tutto ciò. La strada è inquieta, è fatta di scelte, di strade infinite, da esplorare, da superare e a volte sarà necessario tornare indietro per trovare una via migliore e altre ancora si inciampa, ma ci si rialza lasciandoci solo una fedele cicatrice sul ginocchio. Rinunce. E ciò significa anche rinunciare a molte cose, si è vero. Ma se rinunciare significa far brillare l'oro che si nasconde sotto a un velo di polvere, voglio far risplendere il mio tesoro e guadagnarmelo. Il resto si fotta.

La luce della notte

domenica, gennaio 03, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 10:00


Il sole alzandosi fuori dal nascondiglio dell’orizzonte, con i suoi tenui raggi mattutini, ridava colore alla morbida linea di costa di quell’angolo di mondo. Di lì tra il frastagliato abbraccio tra acqua e terra, un imponente promontorio scosceso si insinuava come una lingua distesa nel blu, delimitando il distacco di due mari. Questi, pur facendo parte dello stesso oceano e per quanto potessero apparire simili, in realtà erano molto differenti. La quiete che dominava quei due mari si diede da parte, lasciando spazio all'arrivo di qualcosa di magnifico. Sul promontorio che sovrastava il paesaggio, venne innalzato un faro.

Ma non era un faro qualunque.

Era qualcosa di maestoso, dalla incredibile bellezza, anche l’essere più scettico davanti a tale spettacolo, doveva mangiarsi la lingua.

Dalla sua grandezza sembrava poter sfiorare il cielo, l’infinito, l’inarrivabile. Appariva giungere da un altro mondo. Ma era di notte che il faro si mostrava in tutta la sua magnificenza. Le sue lanterne erano come occhi profondissimi che brillavano di una luce intensa e misteriosa, e quando erano le stelle a sorvegliare il mondo dall’alto, questa fendeva l’oscurità con i suoi raggi regalando il calore del suo fascio luminoso. Salvezza per i navigatori, la luce illuminava le candide acque notturne come un’affascinante volo radente di un uccello, che pian piano planava sul pelo dell’acqua.

Uno dei due mari, quello minore, avvertendo l'incantevole presenza di quel faro, se ne innamorò. Esso era un mare mal visto dai marinai. Poco pescoso, era spesso caratterizzato da violente tempeste che inghiottivano pesanti relitti naufragati e nella loro discesa ferivano il suo spoglio liscio fondo. Tuttavia le sue acque erano una di quelle più limpide tra tutti gli oceani, profondissime, e anche un sasso gettato nelle sue profondità si poteva osservare nella sua caduta anche dopo diversi metri.

Ma il Faro non illuminava la notte di quelle povere acque limpide, le lasciava nella loro oscurità.

Il suo candido sguardo era destinato alla distesa d’acqua che si estendeva accanto al piccolo mare. Questa era più grande, intrigante. Pura gioia nell'ammirarlo. Le sue acque erano cosi confortevoli e calme che si poteva galleggiare chiudendo gli occhi, facendosi cullare dall’armonioso moto delle sue onde. La costa bagnata dalle sue acque sembrava sorridere beatamente, accarezzata dalla melodiosa movenza di quella distesa azzura. Maestoso e pieno di vita, una moltitudine di esseri acquatici affollavano i diversi paesaggi marini che il suo fondo offriva ai più disparati visitatori.

La luce era tutta sua.

Il mare più piccolo era immobile davanti a tale destino, le sue notti si facevano sempre più buie accecate da quella luminosità lontana. Piangeva. Ma le sue lacrime si perdevano nell'infinità delle acque. Il vento soffiava intento ad accarezzare il pelo dell'acqua come una candida mano su una spalla in segno di rassegnazione.

Tale immobilità era insensata.

Ma il modesto mare, dentro di sè, non demordeva. Non voleva rinunciare a quella insperata felicità. Anche lui avrebbe potuto, prima o poi, poter sfiorare con le proprie gocce d’acqua quella luce incantevole. Aspettava. Sarebbe riuscito ad aprire il proprio vaso di pandora.

Il resto non contava più nulla.

Con ansia, attendeva periodicamente l’arrivo della luna piena, quando per effetto dell’alta marea le sue onde potevano avvicinarsi anche di poco a quel maestoso faro. Significava comunque avvicinarsi.

E un giorno, chi lo sa, la grande torre luminosa si sarebbe voltata verso di lui.

Tutt’ora, chi conosce quel mare, osserva malinconicamente quelle limpide acque spente. Solo in determinate notti sembrava riaccendersi di una fioca luce soffusa. Notti di Luna Piena. La sua salvezza.

Sapore del mare

Pubblicato da Dan Angelo alle 02:34



Luna piena, pienissima e brillante dominatrice di un cielo cosparso di stelle, quasi come zucchero a velo. Abbracci di luce che ballano allegre sulla superficie del mare che viene a va scorrendo sulla sabbia del mare. E' una di quelle notti vestite con il loro vestito più bello, la luce lunare riempie la spiaggia di un aspetto così suggestivo da stropicciare gli occhi mentre il vento porta con se luoghi lontani. Nella mente di Ulisse sembra riecheggiare in sottofondo la voce di Pau dei negrita canticchiare per lui “questa notte sembra fatta apposta per noi”, e allora si guarda alla sua destra, e guarda la bella Penelope che cammina insieme a lui. Volta lo sguardo anche lei, e inconsciamente sorridono, senza pesi, senza perché, senza pensieri, senza un ma, sorridono. E allora lui le stringe la mano più forte, ma senza farle del male. Raggiungono così quella distesa di granelli infiniti, di mare, di luna e di loro. Accendono un fuoco caldo sulla sabbia che scoppietta divertito, e Ulisse si è incantato a guardarlo. Neanche il tempo di fermarsi un attimo che Penelope l'ha spinto a terra e si è messa a correre con uno sguardo splendente e fugace che sussurrava “prendimi”. Il ragazzo non facendoselo ripetere due volte la cominciò a rincorrere selvaggiamente, non vuole mica farsi gabbare così! Intanto lei si è fermata sulla riva mentre l'acqua le assaggia i piedi, e raggiunta da un Ulisse ansimante indica con un dito la Luna. E si, è veramente splendida quella luna che sembra vanitosa specchiandosi in un mare che sembra dirle che lei è la più bella del reame. Distratti dal cielo Penelope intanto lo spinge ancora, ma stavolta in acqua. “Ma allora sei proprio una schiappa!” urla ridendo lei. Lui si rialza completamente zuppo e sbuffa poiché è stato fregato l'ennesima volta, per vendicarsi la prende e la porta in acqua con sé. L'acqua scura della notte era accogliente e calda e il silenzio è interrotto dagli schizzi dell'acqua e dall'inseguirsi dei due ragazzi come pesci saltellanti persi senza paura in quel mare in festa. Ma la notte è ancora giovane.
Ulisse un pò stanco esce dall'acqua e per difendersi dalla frizzante brezza si siede accanto al fuoco, mentre Penelope gioca ancora a fare la sirenetta. Apre il suo quadernetto e a casaccio legge le prime parole che gli compaiono davanti:

"Qualunque fiore tu sia,
quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
Prima di allora, una lunga e fredda
notte potrà passare. Anche dai sogni
della notte trarrai forza e nutrimento.
Perciò, sii paziente verso quanto ti accade
e curati e amati, senza paragonarti
o voler essere un altro fiore.
Poiché non esiste fiore migliore
di quello che s'apre alla pienezza
di ciò che è.
E quando ti avverrà,
potrai scoprire che andavi sognando
di essere un fiore che aveva da fiorire."

Sorride e si sdraia su un fianco guardando il fuoco, chiude e gli occhi e pensa “si sta così bene”. Penelope uscita dall'acqua, afferma di dover pisciare dietro un cespuglio! Ma siccome è in vena di scherzare come un bisonte gli salta addosso e comincia a mangiarlo di baci. Lui è così felice dell'agguato che abbraccia l'aggressore per non lascialo più. La ragazza si dimena un po' cercando di liberarsi, ma quando vede che non c'è niente da fare si abbandona ai dolci grattini di Achille. Grattini che partono dalla mano per finire sulla spalla per finire in baci sul collo... per finire in un groviglio di braccia e gambe sulla sabbia, rotolando e lasciando scie d'amore. Scie tanto lunghe che è venuta un'altra volta la voglia di farsi un bagno.. Nudi! Ridevano anche le stelle vedendo volare gocce di mare. Ulisse poi la prese in braccio ammonendola al suo lamentarsi di esser troppo grassa. Posandola delicatamente a terra.. aggrovigliati e pesi. Ulisse in quel momento, non si vedeva più luna, stelle o mari. Ora c'era solo quella ragazza davanti a lui, accarezzandole i capelli, sfiorandole gli occhi, assaporandone il sapore. La voglia viene e va. Ma ora voleva non una ragazza, voleva lei. In quel momento, in quell'istante comprende quanto vale per lui, Penelope. E quante sfide. E quanti pensieri, tutti in un attimo. E con gli occhi chiusi in quell'attimo eterno, li riapre e vede quelli di chi ama. Poche parole sottovoce, senza disturbare le onde. E sulla spiaggia, con la luna piena e la brezza del mare si..

La notte li avvolse...

Autobiografia di una notte pazzamente pazza da essere pazzesca

sabato, gennaio 02, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 15:55

Occorrente:
Una penna e un foglio.





Così nasce la notte..

La natura, il mondo, l'universo così si erano mostrati. Il tramonto. Così lo chiamano gli uomini. Gli occhi fanno fatica a inseguire le linee della luce, ma sono li a scrutare avidamente quell'incredibile momento. Lui, il Sole, si posava lentamente nell'infinito abbraccio dell'orizzonte indossando la sua sfavillante veste porpora. Il cielo si fece fuoco, la splendente sfera lasciava il suo volo. Mangiato dal mare che lo inghiottiva come cosa viva, lentamente, senza fretta fino a meter fine al suo digiuno.

Così muore il giorno. Così nasce la notte. E' il tempo della luna che si rallegrava all'arrivo delle beate stelle.





La notte è anche festa. Parole, musica, persone e fuoco. Che il circo abbia inizio!

C'è chi balla, c'è chi beve, c'è chi fuma e c'è chi anche si fa una nuotatina!
Ma poi la musica si fa muta e tutto diventa un sussurrare. La notte si acquieta.


Il mare è cupo come il piombo. Specchio del cielo si spegne del suo azzurro cristallino, esce allo scoperto il suo lato più scuro. Le onde silenziosamente lo cavalcano e le sua calde acque notturne mangiano la spiaggia ormai solitaria, accarezzata dalla tiepida luce lunare.


E la Luna sta lassù.

Fedele amica di chi passa il tempo con se stesso. Parlandogli. Cercando di comprenderlo. Dissuaderlo. Dominarlo. Ma non riesce ad andarci d'accordo.
Bella Luna. Vanitosa, ama farsi mostrare li appesa in cielo. Beatrice delle stelle come a miracol mostrare. Le onde sono il tuo velo che tracciano il cammino verso te. Inviti a stare lassù li con te, pronta a render prigionieri i pensatori della notte. Meravigliosa sovrana della notte, c'è silenzio al tuo cospetto mentre giochi con gli umori umani. Romantica in un abbraccio, colpevole in un pianto. Ma splendido è volare assieme a te.

Ma d'un tratto l'inaspettato, veder colorato di rosso il suo aspetto fatato.

Luna. Perchè sei stanca? Perchè non ci vuoi più illuminare? Ti sei tinta di rosso. Per i miei occhi è qualcosa di nuovo ed inaspettato. Come il Sole, tramonti lentamente diventando sempre più fioca. Appari sporca di sangue, sofferente. E all'improvviso divenne una notte senza luna. Dove sei finita? Ingoiata dal mare. Le stelle ti cercano.
Dove sei luna rossa?

E fece freddo. Freddo sapore di salsedine. Freddo che ti penetra le osse, te le trapassa. E poi finalmente l'Alba.

Mi risveglio dal freddo della notte, l'aria è frizzante e vivace. L'atmosfera è sbadiglio, cercando pian piano di aprire gli occhi. Lascio i miei passi sulla sabbia dominata dagli uccelli in festa; davanti a me la pianura d'acqua sembra anch'essa risvegliarsi dolcemente colorandosi di un soave verde acqua come non lo è mai durante la giornata. Il cielo è roseo e i pescatori son già all'opera. E' tempo di ripartire. E' un nuovo giorno.

Il ciclone

venerdì, gennaio 01, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 22:03


"Vorrei sapere, quanto è grande il verde come è bello il mare, quanto dura una stanza è troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male" Oceano - Fabrizio De Andrè


E' buffo, cosa non lo è? Quando ci si ritrova a stare insieme con un'altra persona. E nelle migliori delle ipotesi, la persona che comincia a condividere qualcosa con un'altra, non comprende bene cosa sta succedendo attorno a se. E' tutto come un ciclone e ti ritrovi nel suo occhio, dove tutto è calmo e stabile. Se si riesce a rendersi conto tutto ciò e di riuscire a viverlo, insomma è alquanto emozionante quanto incredibilmente indescrivibile. Tuttavia, più meravigliosa è la sensazione di potersi dire disarmati e continuamente sorpresi da tutto ciò. Sorpresi dall'inaspettato, sorpresi da una trottola di sfumature che ti colorano dentro. Sono brividi, sono attimi. E' calore senza senso che ti attraversa e sei immerso. E forse per la troppa emozione, ci si sente sbigottiti nel ritrovarsi in due nello stesso vortice.  Voler fermare la fotografia di quel momento, per poter godere e ammirare di quelle sfumature galleggianti nel vento.

Ma il ciclone per la sua strada se ne va, lo segui?
Ti culli o ti fai ingoiare.

Il (Happy) New year

Pubblicato da Dan Angelo alle 13:07



Notte di auguri urlati, di festeggiamenti frizzanti e di botti accecanti. Case che diventano giostre e giostre che diventano case. E' una danza, è un volteggiare di bottiglie, di bicchieri e di cotechini. E i primi a festeggiare sono gli orologi che ridono dei loro padroni perché danno inizio alla baldoria, quando gli altri sono ancora intenti a fare quel determinante conto alla rovescia. E secondo a festeggiare è quel fatidico zero che diventa grande: 2010. Tappi che hanno voglia di volare e bollicine di spumante tirate in alto a saltellare tra colpi di bicchiere. Musica e corpi che diventano elastici. Pioggia dispettosa e scope ballerine. Pazzia e follia, diciamo un pizzico di alcool. Corpi elastici che diventano traballanti, piccoli topi cercati dalle chiamate dei gatti più lucidi e lungimiranti, o forse solamente fisicamente più resistenti. Faccine sulle magliette che ammiccano e si fanno desiderare, per gli altri non rimane che rosicare. Mamme che non dormono per la felicità dei gestori telefonici e per parlare con i vecchi alunni! Porte chiuse, porte aperte e perché no anche luci spente. Risate, delirio da c.i.m. e dai su, anche dolcezze. Scozzesi travestiti da svedesi che scavalcano cancelli, oltre che campioni di tiratori di rosmarini e di occupanti di case. Poi coperte, stanchezza, occhi che si abbassano. E c'è chi russa, chi sbatte la testa, chi muove il piede come un metronomo e chi non dorme per le strade. Ma insomma: il primo giorno dell'anno.

Oh che palle, la sveglia.