Una castagna

venerdì, giugno 08, 2012 - Pubblicato da Dan Angelo alle 04:32

"Dovessero farmi una foto ora, ne verrebbe fuori un'immagine di un uomo con cinque maschere: un guazzabuglio di espressioni e stati d'animo. Crono, ormai vecchio e stanco, si diverte ancora a giocare con il tempo, maledetto lui e tutti gli dei suoi affini. E forse sono invecchiato insieme a lui, guardami nipote mio: porto i miei anni sulle spalle, ma non i capelli che non mi vogliono più. La mia faccia è una quercia, una corteccia impregnata dalla vita e custode di scene spezzate dalla spegnersi e riaccendersi delle palpebre dei miei occhi stanchi.
E come loro, la mia vita è stato sempre un sali e scendi, non riuscivo mai fare tutto d'un fiato, ma tutto a piccole pause interrotte. Ah.. le mie rughe e la mia pelle, tra loro i monti di tutte le volte che mi scontravo con me stesso, una sfida infinita e mai vinta e ora tutto mi scivola tra i solchi di antiche battaglie. Il mio corpo così si è adattato a me. Siamo tutti adattati, più i tempi vanno avanti e più tutto si adattata. Vogliamo essere il colore che non abbiamo o che non vediamo e così ci accostiamo tutti spalla contro spalla e non siam costretti a conoscere chi ci sta a fianco. Esso ci struscia addosso, come io so della sua presenza, lui sa della mia e questo succede ogni giorno con tante persone.
Potremmo diventare un bel quadro di qualche vecchio artista puntinista, quale ispirazione migliore: non dovrebbe nemmeno esagerare con la tavolozza dei colori poiché a noi piace trovarci abbinati. Percorriamo strade piene di secchi di freddi colori che ogni giorno calpestiamo lasciando strisciate grigie attorno alla nostra città, come a riempire uno di quei libri per i bambini ma con la figurina della nostra scheda elettorale o del nostro conto in banca. Ti chiederai chi è che mette questi secchi. Alza la testa. Così ogni giorno vogliamo affinare l'arte dell'inadattamento. Un limbo maledetto, una via di templi lontani, di eremiti e pochi pensieri vani. Un piede nel secchio ci rimane, a sporcare per procacciar il pane. E mentre pensiamo di schivar e pulire da un lato, sporchiamo dall'altro così per girarci in tondo. Un suono opaco di sottofondo e diventiamo sordi. Più violenta l'immagine, a volte più contorta e più la nostra reazione diventa incerta. C'è una vecchia storia di qualche isola sperduta dell'Oceania che è piuttosto curiosa. Sei maschi indigeni, in questa isola di corallo e cenere, sapevano bene che sarebbero morti e nessuno sarebbe sopravvissuto. Così andarono a raccogliere castagne. Una castagna si appiccicò al pene di un uomo che si mise a piangere e cercò di liberarsene, ma era così attaccata che quando la tolse si strappò anche i testicoli. Fu così che diventò una donna. E da lì l'isola si popolò e loro non si estinsero.
Ci vorrebbe una castagna che si attacchi a queste catene e ci tolga l'oppressione.
E poter assaporare un po' di pura libertà.
Troppo facile non credi? Ma tu intanto tieni questa."

Così il vecchio nonno dagli spessi occhiali tirò fuori dalla tasca della sua giacca una castagna e la consegnò al ragazzo. "Non sprecarla"