Immersioni, Russeau e il pensar troppo

martedì, marzo 23, 2010 - Pubblicato da Dan Angelo alle 22:59


Si dice spesso che i dolori e i problemi generano riflessione. Per esempio, io non sento il dito del mio piede fino a quando non lo sbatto contro un tavolo inciampando, e allora la mia percezione del dito diventa particolarmente acuta. Io penso al mio dito, o a cose più grandi, solo quando costituiscono un problema o sono fonte di dolore. La tesi psicologica segue questo modello:

Problema/Dolore ----- porta a -----> Riflessione

Per quanto ciò posso apparire incontrovertibile, esiste un'acuta controtesi che considera la riflessione non come reazione a un dolore o a un prblema, ma come causa e origine di essi. Secondo tale modello, troviamo capovolata l'equazione:

Riflessione ----- porta a -----> Problema/Dolore

Per comodità d'uso, si potrebbe definire la prima tesi intellettuale, la seconda naturalistica.
Amleto pensava molto perchè aveva dei problemi, oppure aveva dei problemi perchè pensava molto?
Secondo la tesi intellettuale si dovrebbe dire che il pensiero di Amleto era indotto dal problema, e non che inducesse il problema, poichè si tratta di una tesi che implica fede nel pensiero; pensare a un problema è la migliore possibilità di risolverlo che abbia un essere umano. E' la stessa fede insita nella formulazione di Chamfort, "La pensèe console de tout".
La tesi naturalistica, d'altra parte, considera il pensiero come un malessere che in realtà ha dato inizio al problema che pretendeva di risolvere. Il pensiero sarebbe una forma di ipocondria psicologica - Amleto avrebbe percepito davvero il dolore solo dopo aver pensato alla possibilità di avere un dolore. Questa tesi consiglierebbe quindi al principe di indulgere il meno possibile in esercizi mentali in modo da far tornare le cose alla semplicità e alla spontaneità che la ragione distruggerebbe.
Il naturalismo, nella sua lunga e gloriosa storia, ha sostenuto che le cose che accadono senza intervento umano e razionale sono di gran lunga superiori a quelle contaminate dal tocco della civiltà. Una selvaggia cascata nelle Alpi svizzere è superiore al rigido classicismo dei Giardini del Lussemburgo, il buonsenso di un rude fattore ha molto più da insegnarci dei grandi libri di filosofia, una carota cresciuta senza fertilizzanti è molto più saporita della sua controparte commerciale, un'emozione che fluisce sciolta dai ceppi del pensiero è più ricca e più profonda della sua consapevole cugina.
Forse Russeau fu il primo e più stimato rappresentante di questa posizione naturalista, se si considerano i suoi attacchi ai prodotti della civiltà quali il lusso, l'arte, la scienza, le moderne forme di governo e il pensiero. Paradossalmente - considerando che le sue opere ammontavano a più di dodici volumi - era dell'avviso che i libri procurassero alla gente i dolori che non sapeva di avere: "Con il solo istinto, l'uomo aveva tutto ciò che gli occorreva per vivere allo stato di natura; con lo sviluppo della conoscienza ha soltanto il minimo indispensabile per condurre una vita nella società". " I nostri primi impulsi sono sempre buoni", dichiarava, ma la vita sociale e l'intelletto ci hanno rubato delle nostre virtù spontanee. In opposizione a questo accademismo malsano, Rousseau sosteneva sportivamente che "l'uomo onesto è un atleta che ama lottare compleamente nudo".